Crisi economica globale, guerre, smarrimento, perdita di valori... in una parola caos! Non fa per me, a me piace l'ordine, la simmetria delle cose; ma soprattutto mi piace la verità, o almeno è quello che cerco.

domenica 29 settembre 2013

Vaccini e Autismo: a che punto stiamo?

Il tema di oggi e` un tema delicato, sopratutto perché si parla di bambini. E quando si parla di piccoli uomini, si sa, non si scherza.
Su questo tema e` stato scritto tantissimo negli anni, forse e` stato uno dei temi più "scottanti" per quanto riguarda il "colosso big-pharma". Se ne e` parlato talmente tanto che davvero ritengo inutile scrivere qualcosa di mio sull'argomento perché inevitabilmente ripercorrerei gli stessi argomenti ma sopratutto le stesse frasi, probabilmente parola per parola, di qualcun altro; e molti sono sicuramente più competenti di me.

Allora il perché di questo post?
E` notizia di pochi mesi fa che l'American Academy of  Pediatrics ha pubblicato un pdf nel quale riassume i risultati di ben 45 studi sulla sicurezza dei vaccini. E` molto interessante e sicuramente se qualcuno di voi e` interessato all'argomento per vari motivi che possono essere ad esempio se vaccinare o no il proprio figlio credo che ancor di più sia un documento da leggere a chi interessa un punto di vista scientifico della questione. All'interno del documento, per chi fosse interessato ci sono i link agli studi completi.

Vaccinare o non vaccinare il proprio figlio e` una decisione da prendere che porta diverse conseguenze, e posso solo immaginare l'apprensione di un genitore nel prendere una scelta del genere sopratutto quando c'e` una tale massa di documenti su internet nei quali si parla dei possibili effetti nocivi dei vaccini, di quanto ci guadagnino le case farmaceutiche e via così con una serie di tirate senza fine.
Il cervello però può giocarci brutti scherzi, e dovremmo prendere decisioni importanti come questa solo in virtù dei dati oggettivi che abbiamo a disposizione perché rimandare la decisione oppure far finta di nulla, ignorando la questione, spesso e` molto peggio.
Questo e` il link, care mamme fatevi una bella tisana alla valeriana e leggete tutto d'un fiato. Non siete sole, migliaia di ricercatori sparsi in tutto il mondo in questo momento stanno lavorando per voi e per vostro figlio.

http://www2.aap.org/immunization/families/faq/vaccinestudies.pdf

See you soon.




                                                                                                        MF                                                

venerdì 20 settembre 2013

Antiossidanti e invecchiamento: a che punto stiamo?


Chi di voi non è caduto nella trappola dei “miracolosi poteri degli antiossidanti” alzi la mano;
A chi non è capitato almeno una volta nella vita di avvicinarsi al bancone del bar e chiedere un succo di frutta ai mirtilli?
Quanti di voi donne spendono buona parte dei loro soldi per combattere i radicali liberi (bevande, integratori alimentari, creme, infusi…)?

Ebbene, a quanto pare siamo tutti vittime di un inganno. Secondo i recenti dati raccolti dal dott. Gems, vicedirettore dell’Institute of Healthy Ageing dell’University College di Londra, sembrerebbe che il danno ossidativo non è affatto la causa dell’invecchiamento. A questo fatto diciamo così scioccante, si aggiungono anni e anni di ricerche scientifiche sulla pericolosità dell’uso sconsiderato degli antiossidanti e delle vitamine per combattere il naturale processo dell’invecchiamento, prevenire le malattie, ed in alcuni casi (alcuni sostengono) curarle. La cosa più triste di tutto ciò è che questi studi sono pubblici e disponibili a tutti, medici, pazienti, estetiste, naturalisti, “scienziati dell’invecchiamento”, case cosmetiche e farmaceutiche. Eppure, per diversi motivi tutti fanno finta che questi dati, tra l’altro molto preoccupanti (poi ve li presenterò ma ne parlo già nell’articolo precedente), non esistano. E il circo degli antiossidanti contro i radicali liberi continua a girare, a far fruttare miliardi di euro all’anno, senza un reale miglioramento però del benessere e della salute delle persone.
Per conoscere a fondo tutta la questione, andiamo al T0, quando nacque il mito dei radicali liberi come causa dell’invecchiamento…
Pensate che dobbiamo tornare indietro di ben 70 anni (!!!): nel 1945, un chimico di nome Denham Harman, rimase affascinato da un articolo letto su una copia del “Ladies’ Home Journal” della moglie. Harman aveva 29 anni, lavorava alla Shell, e non aveva molto tempo per occupare il suo genio alla questione. Ma nove anni dopo, laureatosi in medicina, venne assunto come ricercatore alla University of California e lì poté cominciare i suoi “studi” sull’invecchiamento; e un mattino, mentre stava nel suo ufficio a riflettere, ebbe l’illuminazione della sua vita: l’invecchiamento è causato dai radicali liberi. Era la prima volta che si associavano i radicali liberi all’invecchiamento, ma ad Herman sembrava ovvio fosse così. Sapeva che le radiazioni ionizzanti prodotte dai raggi X e dalle bombe nucleari – potenzialmente mortali – causavano un aumento della produzione di radicali liberi nel corpo. Altri studi dimostravano che una dieta a base di cibi ricchi di antiossidanti riduceva i danni da radiazioni ionizzanti, che erano appunto la causa del danno cellulare ossidativo. Inoltre i radicali liberi sono i prodotti naturali del processo di respirazione e del metabolismo, e si accumulano nelle cellule col passare del tempo.
Poiché sia il danno cellulare che i radicali liberi aumentano con l’età, era plausibile (ve lo ricordate? Diffidate dalla plausibilità logica) che fossero la causa dell’invecchiamento, e che quindi gli antiossidanti rallentassero il processo di invecchiamento.
Harman cominciò a studiare la sua ipotesi, e poco dopo pubblicò i dati di un suo studio dove “dimostrò” che topolini nutriti con antiossidanti vivessero più a lungo (ad alte dosi però avevano effetti dannosi).
Ben presto molti scienziati si unirono al gruppo, e nel 1969 venne dimostrata l’esistenza del primo enzima antiossidante, la superossido dismutasi: ipotizzarono che il corpo produceva questo enzima per combattere i danni dell’accumulo di radicali liberi.
di fronte a questi “dati”, la maggior parte dei biologi e degli scienziati dell’invecchiamento si convertì alla “teoria dei radicali liberi”.
Quando si parla di invecchiamento, professionista o profano non conta, la teoria dei radicali liberi spunta fuori. Con le parole di Gems: “se lavori nel campo dell’invecchiamento, la teoria dei radicali liberi è come l’aria che respiri”.
E fu così che nacque il mercato degli antiossidanti: creme, integratori alimentari, bevande, tisane, “farmaci”. Milioni di dollari vennero spesi dalle grandi industrie per pubblicizzare i nuovissimi e miracolosi “elisir di lunga vita”. Nacquero riviste “specializzate”, compagnie di marketing, nuove professioni… Insomma, la teoria dei radicali liberi fu come un’iniezione di benzina a 100 ottani nel motore dell’economia.
Nonostante tutto questo interesse e le numerose “ricerche” fatte sui radicali liberi, negli anni successivi risultò sempre più difficile dimostrare qualcosa di nuovo, e gli scienziati ebbero difficoltà addirittura a ripetere i risultati ottenuti da Harman sui topolini. Negli anni settanta non c’erano prove del fatto che nutrire con antiossidanti gli animali influisse positivamente sulla loro longevità.
Negli anni novanta però, grazie al progredire della tecnologia e delle conoscenze sulla genetica, fu possibile “creare” dei topolini con alterazioni nella produzione di enzimi antiossidanti. Questi animali avevano una quantità maggiore di radicali liberi circolanti, e secondo la teoria dei radicali liberi, avrebbero dovuto sopravvivere molto di meno. Tuttavia, gli esperimenti fatti su questi animali non riportarono nessuna riduzione della sopravvivenza degli animali: i danni ossidativi causati dai radicali liberi non hanno nessuna influenza sulla longevità delle cavie da laboratorio; anzi queste cavie vivevano più a lungo. Nonostante questo, naturalmente le vendite dei prodotti a base di antiossidanti toccavano vette impressionanti.
Nel frattempo però furono pubblicati altri tipi di studi piuttosto preoccupanti…
Circa il 52% degli americani, e la stessa statistica è applicabile a tutti i paesi industrializzati, Italia compresa, assume quotidianamente un integratore vitaminico a base di Vitamina E o Beta-Carotene.
Una revisione sistematica effettuata su tutti i trial clinici randomizzati a doppio cieco, evidenziò che l’utilizzo di integratori alimentari a base di vitamine e antiossidanti aumenterebbe il rischio di morte fino al 16%. Altri studi hanno analizzato le differenze tra due gruppi di sportivi: il primo assumeva antiossidanti e vitamine, il secondo no. Gli sportivi che non assumevano vitamine e antiossidanti godevano di una salute migliore, e presentavano minori indizi di un possibile sviluppo di diabete Tipo 2.
L’American Hearth Association e l’American Diabetes Assotiation sconsigliano vivamente il consumo di prodotti a base di antiossidanti se non per curare un’avitaminosi ben diagnosticata.
A sinistra, in arancione, sono riportati gli studi che dimostrano una mortalità inferiore per chi assume antiossidanti; a sinistra in viola, il contrario. Come potete vedere sono molti di più i puntini viola di quelli arancioni.

Più recentemente il dott. Hekimi, biologo alla McGill University, ha fatto degli studi interessantissimi: ha allevato nematodi (vermi) che producono una quantità eccessiva di un particolare radicale libero, il superossido. Lo scienziato si aspettava di confermare la teoria dei radicali liberi, invece dovette ricredersi trovandosi davanti a nematodi più in salute e con una sopravvivenza del 32% in più. Addirittura, “aiutando” questi vermi con l’antiossidante vitamina C, li faceva morire prima. Secondo Hekimi il superossido fa da messaggero cellulare attivando i meccanismi di riparazione cellulare. In un altro esperimento, Hekimi espose fin dalla nascita nematodi “normali” a concentrazioni basse di un comune erbicida che determina la produzione di una notevole quantità di radicali liberi. Sorprendentemente questi nematodi vivevano il 58% in più dei vermi non trattati. E, ancora una volta, la somministrazione di antiossidanti riduceva gli effetti benefici della tossina. Ed infine, nel 2012, Hekimi et al. dimostrarono che la disattivazione di tutti e 5 i geni responsabili della produzione dell’enzima superossido dismutasi non aveva ripercussioni sulla sopravvivenza dei nematodi.

Ma allora, questi radicali liberi sono salutari? La cosa non è così semplice, i radicali liberi potrebbero essere salutari in alcuni contesti e nocivi in altri. Quello che è certo è che sull’invecchiamento abbiamo davvero poche conoscenze e ci sono figure “losche” che hanno tutto l’interesse (economico soprattutto) di mantenere inalterato lo status quo.  Gli antiossidanti possono essere pericolosi per la nostra salute tanto quanto il fumo di sigaretta o l’asbesto.
Il mito dell'elisir di lunga vita resta ancora tale, e dobbiamo smetterla di illuderci dell'esistenza di una pillola per tutto.
Vogliamo vivere di più, e meglio? 
Esistono numerosi studi ben fatti che ci dicono quello che dobbiamo fare: impegnarci.
Impegnarci a mantenere uno stile di vita salutare, fare attività fisica di media intensità almeno 3 volte la settimana, mangiare almeno 5 porzioni giornaliere di frutta e verdura, limitare la carne rossa, NON FUMARE, essere felici. 
Ognuno di noi ha il suo corredo genetico e su quello ad oggi non si può fare nulla, e ci sarà sempre quella persona che nonostante una vita salutare e sportiva a 30 anni sviluppa un tumore... Come chi fuma da una vita e a 85 anni non prende una medicina. 
Tuttavia non credo che essere fatalisti sia un modo funzionale di ragionare; siamo uomini, abbiamo a disposizione un miracolo di ingegneria in grado di creare tutto quello che abbiamo intorno; ci siamo creati un bagaglio di conoscenze incalcolabile e più andremo avanti più conosceremo. Lasciare questo tesoro nel cassetto e non sfruttarlo a proprio vantaggio è da sciocchi e spregiudicati.



Alla prossima!



sabato 14 settembre 2013

SCIENZA E MISTIFICAZIONE. Come uscirne indenni?



Ormai e' entrata a far parte del linguaggio comune; perfino chi per posizione presa non fa altro che scagliarsi contro di essa appena puo', alla fine non fa altro che parlarne e non perde occasione per far notare che <<le nuove ricerche hanno confermato quanto noi sapevamo da sempre>>.
-scoperta la cura per tutti i tumori
-la Scienza ha stabilito che...
-i ricercatori dell'universita' hanno stabilito che...
Ogni giorno, e più volte al giorno, veniamo bombardati da decine di affermazioni di questo tipo.
E' opinione comune che tutto ciò che e' scientifico rappresenti in un certo senso la verità; di conseguenza, se noi leggiamo che i ricercatori dell'università americana hanno scoperto che la caffeina riduce il rischio di malattie della pelle (sto inventando a caso), tutti noi, o comunque gran parte di noi, prenderanno questo fatto per vero e assodato.
Ma e' proprio così, oppure le cose sono leggermente più complicate?
E poi: quanto e' forte, nell'opinione comune il collegamento "lo dice la SCIENZA quindi deve essere vero"?
Pensate che questo opinione e' talmente forte, e ci influisce talmente tanto, che ormai vengono fatti "esperimenti scientifici" anche sui bagnoschiuma e le acque minerali. Persino i peggiori nemici della scienza, i complottisti, non riescono a scampare al tranello lo dice la scienza dunque e' vero. Non fanno altro che lamentarsi del metodo scientifico, però quando possono appigliarsi a qualche "scoperta scientifica" si agitano come degli isterici e linkano e pubblicano gli articoli ovunque; alcuni credo se li tatuino addosso per farli vedere anche in contesti piu' promiscui.
Il capitolo di introduzione del libro che sto leggendo in questi giorni inizia cosi':
"Per ogni problema umano esiste una soluzione semplice: chiara, plausibile e sbagliata".
Questa frase appartiene al grande H.L. Mencken, detto il 'Saggio di Baltimora', uno dei piu' influenti scrittori americani del XX secolo. In effetti spesso non ci preoccupiamo di trovare il perché e il come delle cose, ma ci accontentiamo di crearci e di raccontarci una storiella ben articolata, che non corrisponde alla realtà ma all'idea che noi abbiamo di essa. L'importante è che tutto combaci con la nostra mappa del mondo...
Mettiamo le due cose insieme -la tendenza alla mistificazione e la tendenza alla semplificazione- e ne esce fuori un quadro preoccupante.
Come può fare però un comune mortale a districarsi da questi fili direttamente collegati al suo portafogli e alle sue paure più profonde? Come possiamo fare per distinguere la scienza spazzatura con fini esclusivamente commerciali da quella più sobria si, ma basata per davvero sui fatti?
Non e' facile, non tutti hanno gli strumenti per poterlo fare; spesso e' un processo lungo, che richiede grande impiego di risorse sia temporali che economiche per andare a comprare i numerosi articoli che trattano di questo piuttosto che di quello e poi leggerli e commentarli. Poi, una volta letti decine e decine di articoli, bisogna essere in grado di fare un riassunto di tutta quella mole di lavoro... Insomma, e' qualcosa di davvero duro e impegnativo, e considerato il pochissimo tempo che abbiamo a disposizione azzardo a dire che tutto cio' diventa praticamente impossibile per la maggior parte delle persone.
Tuttavia, non siamo tutti scienziati (o lo siamo?), e non abbiamo bisogno di fare una "revisione sistematica" (non vi preoccupate, vi spieghero' cos'e' anche questa) tutte le volte che affrontiamo un argomento nuovo.
Spesso basterebbe avere qualche piccola conoscenza in più di cosa sia il processo scientifico, di come lavora, delle regole che vanno rispettate... Sono convinto che praticamente tutte le persone con un cervello normale sono in grado di capire cosa sia la scienza, come funziona, e sopratutto riconoscere la vera scienza da quella fasulla. Dopotutto tutti noi siamo stati degli scienziati: da bambini, abbiamo imparato a camminare; abbiamo imparato quando era il momento giusto per chiedere una cosa alla mamma o al papà; abbiamo imparato a parlare (il linguaggio e' una delle poche cose che ci rende davvero differenti dagli altri animali),abbiamo costruito case di lego e abbiamo distrutto intere città di pupazzi; prendendo in mano una macchina capivamo al volo come dovesse essere usata...Tutte queste scoperte si basano sugli stessi meccanismi -semplificati - su cui si basa la scienza. E tutto questo lo abbiamo fatto senza sapere neanche cosa sia la scienza, neanche le lettere che ne compongono la parola. Essere scienziati e' la natura dell'uomo; scoprire nuovi modi per aumentare il nostro benessere, allungare la nostra vita, guarirci dalle malattie, non sono altro che un evoluzione di un più arcaico istinto di sopravvivenza comune a tutti gli essere viventi, piante comprese.
Mi scuso a priori se l'articolo sarà un po' lungo, ma credo che sia importante non tralasciare nulla per essere il più comprensibile possibile e una sintesi maggiore sarebbe controproducente.
Quello che elencherò qui sotto sarà un elenco di regole utili per valutare da soli e nel modo più obiettivo possibile le varie "ricerche scientifiche" che ci vengono proiettate nel cervello durante la giornata.
In realtà se leggerete e farete vostre queste piccole regole potrete trarne vantaggio in moltissime altre situazioni che vi si presentano davanti nella quotidianità. Fatene bagaglio.
-La prima regola e' ESSERE SCETTICI.
Negli anni novanta sulla base di una decina di studi si concluse che i carotenoidi presenti nella dieta riducono drasticamente il cancro ai polmoni. Si riteneva che il beta-carotene potesse interferire passivamente con i danni ossidativi al DNA e alle lipoproteine. Tali credenze, unite a una pubblicità molto aggressiva sul potere degli antiossidanti, portarono a vendite per 210 milioni di dollari di beta-carotene nel 1997.
Una decina di studi possono considerarsi una fonte sufficiente oppure la questione andava analizzata più a fondo e con scetticismo? Furono così fatti partire due grossi studi randomizzati: entrambi furono interrotti prematuramente poiché indicanti un rischio maggiore di cancro ai polmoni, malattie cardiovascolari, e un generale aumento del rischio di mortalità correlato all'uso del beta-carotene. Nel 2005, terminata l'analisi dei dati, il principale indicatore di uno dei due studi riportò che il beta-carotene dovesse essere considerato un cancerogeno per l'uomo.
Mark Twain sollecitava le persone a fare attenzione nel leggere i libri sulla salute perché potevano morire anche a causa di un semplice errore di stampa.
Quindi, occhi aperti e mentalità scettica.
-DIFFIDARE DALLA PLAUSIBILITA' LOGICA
Se un battito cardiaco irregolare aumenta il rischio di mortalità, e se l'encainide può trasformare un battito cardiaco irregolare in regolare, allora l'encainide dovrebbe migliorare la sopravvivenza. Se alti livelli di colesterolo aumentano il rischio di infarto del miocardio, ed il clofibrato può ridurli con successo, esso dovrebbe migliorare la sopravvivenza.
Ragionamenti a catena disinvolti come questi sono stati la causa di migliaia di morti. Questo modo di ragionare tuttavia e' tanto comune quanto pericoloso. Il ragionamento a catena disinvolto viene anche detto "inferenza deduttiva" o "sistema logico"; A causa di B, B causa di C, pertanto anche A causa di C.
Purtroppo la realtà e molto più complessa del modello che noi ci costruiamo di essa, e l'organismo umano in quanto a complessità non e' secondo a nessuno. Non abbiamo mai sotto controllo tutte le varianti, e prima di prendere delle decisioni basate semplicemente sul ragionamento deduttivo dovremmo pensarci ancora e ancora e ancora. Nella gerarchie delle evidenze scientifiche, quelle incentrate sulle conclusioni dedotte sono considerate di livello 5, il livello più basso disponibile.
-QUALE LIVELLO DI EVIDENZE VERIFICATE E' DISPONIBILE?
Qui la parola chiave e' "verificate". Galileo e' ritenuto il padre del metodo scientifico inteso come sperimentazione sistematica del mondo che ci circonda. Quasi incredibilmente bisognerà aspettare la seconda metà del XX secolo per vedere questo metodo applicato al mondo della medicina e dintorni.
Ora abbiamo a disposizione tre sperimentazioni sistematiche: la sperimentazione randomizzata controllata, lo studio caso-controllo e lo studio demografico (di coorte).
Tutti e tre questi modelli di studio ci permettono di studiare l'associazione tra l'esposizione (un fattore eziologico immesso o un determinato intervento) e l'endpoint (valutazione dell'esito, valutazione della qualita' della vita...).
Questa associazione può' essere sintetizzata schematicamente così:
ESPOSIZIONE ----> ENDPOINT
La sfida nella valutazione delle evidenze controllate e' determinare se l'associazione identificata (---->) sia causale. I criteri per valutare la causalità sono la temporalità, la presenza di ipotesi presuntive, la forza dell'associazione riportata. A differenza del ragionamento deduttivo che ci da risposte del tipo vero/falso, tali verità assolute non possono essere raggiunte con le sperimentazioni sistematiche (in pratica questo non accade neanche con il ragionamento logico deduttivo). Le conclusioni ricavate da studi sistematici sono sempre circondate da un certo grado di incertezza, di cui però si cerca di tenerne conto il più possibile.
-LA CAUSA HA PRECEDUTO L'EFFETTO?
Nel 2001 uno studio pubblicato dal BMJ suggeriva che la preghiera retroattiva accorciava i tempi di degenza ospedalieri in pazienti con infezioni ematiche. L'unico problema era che i pazienti erano già stati dimessi dall'ospedale quando le non specificate preghiere alla non specificata divinità erano state fatte.
Nella ricerca spesso può essere impegnativo districare la temporalità: ad esempio, nella ricerca sull'Alzheimer l'amiloide nelle placche e' spesso considerato la causa della malattia (di Alzheimer), ma alcuni ricercatori hanno suggerito invece che l'amiloide può essere il risultato piuttosto che la causa della malattia, e che anzi può essere anche protettiva. Lo studio rigoroso della temporalità e' un aspetto chiave della investigazione scientifica. E' l'unico criterio che deve essere soddisfatto per rivendicare la causalità; la causa
deve precedere l'effetto.
-NON FARE CONSIDERAZIONI A POSTERIORI
L'essenza della scienza e' che le ipotesi o le idee anticipino le osservazioni, e non che le ipotesi e le idee possono essere adattate ai dati osservati. Modificare esposizione o endpoint in corso d'opera o addirittura alla fine dello studio e' scorretto e indice di "furbizia". Deviare dalle ipotesi di pre-studio e' spesso paragonato ad una 'SEVIZIA' DEI DATI. Rilevare tali sevizie non e' facile: proprio come il seviziatore di corpi non lascia tracce del suo passaggio sul corpo delle sue vittime, il talentuoso seviziatore di dati non ne lascia nello studio pubblicato.
-COSA E' UNA IPOTESI PRE-STUDIO RILEVANTE?
Quando fu dimostrato che l'alendronato riduceva il rischio di fratture (beneficio tangibile), diventò il trattamento d'elezione mondiale nella cura dell'osteoporosi post-menopausa. Quando uno studio randomizzato ha dimostrato che la simvastatina era un farmaco salvavita nei pazienti con pregressa malattia cardiaca (beneficio ben tangibile), le vendite aumentarono nell'80% nei nove mesi successivi alla pubblicazione dello studio.
Un'altro importantissimo studio fece emergere la nocività della chirurgia oftalmica di routine, che indusse le istituzioni nazionali per la salute ad inviare un'allerta a 25000 oculisti e neurologi (in USA).
Farsi la domanda giusta e' fondamentale per capire effettivamente i potenziali di una determinata terapia. Di solito un quesito clinicamente rilevante ha in comune quattro importanti caratteristiche delle ipotesi prestudio: un endpoint clinicamente rilevante; un confronto di esposizioni rilevanti; un campione rappresentativo; minimi margini di errore.
Poniamo che dobbiamo valutare una nuova statina: le statine sono farmaci usati per controllare i livelli di colesterolo; il colosterolo alto e' un fattore di rischio per le malattie vascolari. Ora, per valutare effettivamente l'efficacia della statina di nuova generazione la domanda che dobbiamo porci e': La nuova statina quanto e' in grado di ridurre i livelli di colesterolo?
Oppure: la nuova statina quanto e' in grado di ridurre gli attacchi cardiaci e la mortalità? Naturalmente non può essere un valore ematochimico l'indicatore della salute del paziente. Tuttavia spesso vengono usate scorciatoie come queste per far passare un farmaco mediocre come un farmaco migliore del vecchio, in modo da poter vendere il nuovo farmaco coperto da brevetto e lasciare ormai il vecchio farmaco con brevetto scaduto sugli scaffali.
Questo comportamento non e' tipico solo delle case farmaceutiche, ma di qualsiasi azienda che ci sta vendendo qualcosa. Quindi attenzione a quello che promettono.
-LA DIMENSIONE E' RILEVANTE
Non voglio dar fiato ai più maliziosi tra voi, ma effettivamente avete ragione.
Maggiore e' il numero del campione, maggiore e' l'associazione, piu' bassa e' la probabilita' che sia causata da condizionamento, e ancora piu' probabile che sia causale. Preferisco non entrare nei dettagli matematici di come si puo' calcolare un rapporto di previsione perche' credo sia oltre i fini di questo pezzo. Sappiate comunque che esistono formule abbastanza semplici che ci permettono di prevedere l'affidabilità dei dati che raccoglieremo.
-C'E' UN'ALTRA SPIEGAZIONE?
Dozzine di studi epidemiologici sembravano avvalorare l'ipotesi che il beta-carotene fosse protettivo nei confronti del cancro al polmone: due trial clinici randomizzati fornirono prove inequivocabili del contrario.
Cosa e' andato male? Spiegazioni diverse con valore migliore o analogo non sono state esplorate; ci si e' soffermati sulla prima. E' possibile che il fumo di sigaretta non sia stato bene indagato come ipotesi alternativa e questo abbia portato ad un'incomprensione degli effetti benefici del beta-carotene.
Non esplorare in modo adeguato altre possibili cause ha portato ad uno spreco di risorse, sia da parte della comunità scientifica che dei pazienti che ci hanno rimesso di tasca e di salute.
E' possibile che errori di questo tipo si stiano ancora verificando? Ancora molta gente e' convinta che gli antiossidanti facciano bene; c'e' chi e' convinto che bere un bicchiere di vino al giorno faccia bene; chi mangia millemila porzioni di verdure al giorno...
-LO STUDIO E' STATO CORRETTAMENTE RANDOMIZZATO?
Per essere valido uno studio deve avere un campione il più rappresentativo possibile della popolazione, ma ancora più importante, l'assegnazione delle "cure" o del "controllo" deve essere casuale; e ne' il clinico che somministra la "cura", ne' il paziente, devono sapere se quello che hanno di fronte sia il farmaco da studiare o quello di controllo. Questo processo per quanto controverso e' fondamentale per ridurre al minimo l'interferenza dell'uomo e quindi deviare i risultati dello studio.
-QUANDO FARE AFFIDAMENTO SU STUDI NON RANDOMIZZATI?
Oltre 50 studi epidemiologici riportavano prove che la terapia sostitutiva ormonale forniva beneficio a donne in post-menopausa. Nonostante queste prove "forti" fornite da "eminenti" ricercatori, nonostante l'opposizione ad uno studio a doppio cieco con placebo, la ricerca Women's Health Initiative fu avviata. Il "miracolo" della terapia sostitutiva ormonale dimostrò un aumento di rischio di cancro alla mammella, demenza, infarto del miocardio, e colpo apoplettico (ictus).
Questo esempio dimostra la necessità e l'importanza di studi ranndomizzati.
-EFFETTO PLACEBO: CONCRETO O MISTIFICAZIONE?
Due grossi studi hanno quantificato l'effetto placebo. Il primo studio valutava l'entità dell'effetto placebo misurando la risposta dei pazienti a un trattamento che era riconosciuto come inefficace. Per trattamento inefficace si intendeva un trattamento ormai abbandonato dai medici, e che presentava almeno uno studio che ne attestava l'inefficacia. Con questi trattamenti inefficaci furono riscontrati effetti terapeutici da buono a eccellente nel45-90% dei casi; certamente un potente effetto placebo.
il secondo studio confrontò il placebo con veri interventi "senza trattamento". Un significante risultato si ottenne per il dolore, nessun altro risultato significante fu osservato per altri esiti come ad esempio la perdita di peso.
Il dolore si sa che e' un'esperienza soggettiva quindi molto influenzata dalla componente psicologica del paziente: non stupisce quindi che il dolore rispondesse al placebo.
L'effetto placebo esiste? Si esiste ed e' anche misurabile.
E' sufficiente a far guarire una persona? No.
Allora perché e' così importante? Perché se dobbiamo testare l'efficacia di un nuovo farmaco, dobbiamo capire se quel farmaco funziona a causa dell'effetto placebo, e quindi equivale ad una pillola di zucchero (con la differenza che quest'ultima costa molto meno), oppure ha qualche effetto reale dovuto alla proprietà intrinseca di quella molecola di interferire con qualche reazione all'interno del nostro organismo.
Naturalmente queste sono solo una parte delle considerazioni che dobbiamo affrontare quando prendiamo decisioni sulla nostra salute. Credo che comunque siano un buon punto di partenza e spero che ne facciate bagaglio.
Per ultimo, vi lascio a questo schemino che sintetizza la gerarchia presente nelle varie tipologie di studi e pubblicazioni che vengono eseguiti in ambito medico-scientifico.
La prossima volta che leggerete un articolo su qualche nuovissima scoperta scientifica avrete tutte le armi a vostra disposizione per potervi difendere a dovere. Divertitevi ad applicare queste piccole regole a quello che leggete e lasciatemi un feedback commentando sotto il post. Sono curioso di sapere se vi sono state utili per smascherare qualche furbetto. Alla prossima!