Ed eccoci alla seconda puntata della serie di
articoli dedicati al nostro organo più importante.
Nel primo articolo, vi ho parlato delle
differenze neuroanatomiche di genere, e le conseguenze che queste
implicano nella vita quotidiana (link all'articolo).
La regola numero due è:
L'ATTIVITA' FISICA POTENZIA IL CERVELLO.
<<Da 10 a 20 chilometri al giorno per gli uomini, e circa la metà delle donne>>.
Questo è quanto affermano i più importanti antropologi, basandosi
su fondate stime scientifiche. Ciò significa che il nostro cervello si è
sviluppato e si è evoluto non mentre stavamo fermi, oziando, bensì mentre
facevamo esercizio fisico.
Quando le foreste pluviali hanno iniziato a ridursi, facendo
calare drasticamente le risorse alimentari locali, i nostri antenati sono stati
costretti a vagabondare in un paesaggio sempre più arido, in cerca di alberi su
cui sgattaiolare e cercare la cena. Col peggiorare delle condizioni climatiche,
molti degli alberi scomparvero. Anziché spostarci in alto e in basso tra i
rami, in un mondo a tre dimensioni, abbiamo iniziato a muoverci avanti e
indietro attraverso aride savane a due dimensioni. Cosa che richiedeva molta
resistenza.
Il primo vero pioniere fu l'Homo erectus, circa due milioni di anni
fa.
I nostri diretti antenati, gli Homo
sapiens, hanno fatto la stessa cosa, partendo dall'Africa 100.000 anni
fa, e raggiungendo l'Argentina circa 12.000 anni fa.
Si tratta di un impresa notevole, considerando il mondo in
cui vivevano i nostri antenati. Attraversavano fiumi e deserti, giungle e
catene montuose, senza una cartina e per lo più senza utensili. Costruirono
anche imbarcazioni per attraversare i mari senza l'ausilio della ruota e della
metallurgia, e poi percorsero il Pacifico da nord a sud e da sud a nord con le
più rudi competenze nautiche.
Sul cammino trovavano nuove fonti di cibo, nuovi predatori, nuove sfide da affrontare.
Subivamo le peggiori malattie, molti morivano, e allo stesso tempo
partorivano e allevavano figlio senza nessuna conoscenza medica.
Tutto questo ci dice solo una cosa: o si cresceva al top della
forma fisica, o non si cresceva affatto. E ci dicono anche che il cervello
umano è diventato il più dotato in condizioni in cui il movimento era una costante.
Se le nostre competenze cognitive si sono forgiate nella fornace dell'attività fisica, non è plausibile che questa le influenzi ancora? Le capacità cognitive di una persona in forma sono diverse da quelle di una persona in cattive condizioni fisiche? E se una persona in cattive condizioni fisiche venisse fatto ritornare in forma?
Sono tutte domande scientificamente verificabili.
Sono stati scoperti gli effetti benefici dell'esercizio fisico
studiando e osservando le popolazioni che invecchiano.
Alcuni individui invecchiano in modo energico e brillante,
conducendo una vita brillante e produttiva fino agli ottant'anni e anche oltre;
d'altra parte ci sono individui che sembrano duramente attaccati dal processo
di invecchiamento, spezzati, e spesso non superano i settant'anni.
Quali differenze ci sono nel processo di invecchiamento negli
individui nell'uno e nell'altro gruppo?
-esiste un fattore che lascia prevedere se si invecchierà
bene o male?
Secondo numerosi studi, uno dei principali preconizzatori di
un buon invecchiamento si è rivelato essere la presenza o l'assenza di uno
stile di vita sedentario.
La motivazione principale di questa affermazione deriva dal fatto
che l'esercizio fisico migliora le capacità cardiovascolari, che a sua
volta riduce il rischio di malattie come attacchi cardiaci o ictus cerebrali.
Dalle ricerche è emerso però un altro dato rilevante: le persone che
invecchiano con successo sono anche più vigili mentalmente.
-queste persone erano veramente più lucide?
Su queste persone vennero eseguiti i più numerosi test della
mente. Indipendentemente dal tipo di misura utilizzato, la risposta era sempre
positiva: una vita all'insegna dell'attività fisica può significare un
incremento delle capacità cognitive, rispetto a quanto si riscontra nei
soggetti sedentari.
I soggetti attivi superano i sedentari in test sulla memoria a
lungo termine, ragionamento, attenzione, problem solving, ecc.
La memoria a breve termine invece non era influenzata
dall'attività fisica o meno, come anche alcuni tempi di reazione.
Inoltre, se è vero che la maggior parte delle persone mostrano un
incremento di qualche tipo, il suo grado varia di molto da individuo a
individuo.
Questi dati mostrano solo una correlazione, non una relazione
causa-effetto.
Per evidenziare il legame diretto, occorre fare una serie di
esperimenti più approfonditi:
-cambiare stile di vita cambia anche il tipo di
invecchiamento?
Gli scienziati presero un gruppo di anziani, sedentari, e
fecero compiere loro esercizio fisico per un certo periodo di tempo, finito il
quale ne misurarono di nuovo le capacità cognitive: rilevarono in maniera
uniforme che, dopo aver praticato un programma di esercizi aerobici, nei
soggetti sedentari iniziavano a risvegliarsi tutti i tipi di attività mentali. Si
presentarono risultati positivi già dopo soli 4 mesi.
Gli stessi risultati si sono avuti
in bambini in età scolare: si è chiesto ad alcuni ragazzini di fare 30 minuti
di jogging due o tre volte alla settimana: dopo 12 settimane, le loro capacità
cognitive erano migliorate in modo considerevole.
Quando il programma venne
interrotto, i punteggi tornarono ad essere quelli di prima dell’esperimento.
Man mano che uscivano fuori
risultati incoraggianti, i ricercatori cominciarono ad affinare le loro
domande:
-che
tipo di esercizio fisico si deve fare, e per quanto tempo?
Ci sono delle buone, e delle cattive
notizie.
La risposta alla domanda
<<quanto?>> è: non molto.
E’ sufficiente camminare parecchie
volte alla settimana perché il cervello ne tragga vantaggio. Sembra che il
corpo chieda a gran voce di ritornare alle sue radici. 30 minuti di esercizio aerobico, due o tre
volte alla settimana; se a questo si aggiunge una dieta corroborante, i benefici cognitivi saranno
ancora maggiori.
Naturalmente i risultati variano a
livello individuale, e nessuno dovrebbe imbarcarsi in un programma di
allenamento senza prima consultare un medico: troppo esercizio fisico e un’eccessiva
stanchezza possono danneggiare le facoltà cognitive.
-l’esercizio
fisico può curare i disordini cerebrali?
Dato il marcato effetto dell’esercizio
fisico sulle capacità mentali, gli scienziati vollero indagare se potesse
essere impiegato anche nel trattamento dei disordini cerebrali. Che cosa
sarebbe successo in presenza di alterazioni come la demenza senile, o il più
studiato cugino Morbo di Alzheimer? O di disordini affettivi come la
depressione?
I ricercatori considerarono sia la
prevenzione sia il trattamento.
Gli esperimenti furono svolti in
tutto il mondo, coinvolgendo migliaia di
persone, spesso esaminate e tenute sotto osservazione per decenni.
I risultati sono chiari: se si
svolge attività fisica da tempo libero, il rischio di demenza generale è
dimezzato. L’esercizio aerobico sembra essere la chiave.
Nel caso di Alzheimer, i risultati
sono ancora maggiori: in questi casi vi è stata una riduzione del 60% della
probabilità di contrarre il morbo.
Quanto esercizio? Anche qui, con
poco si ottiene molto. Sono sufficienti due volte alla settimana. Traducetelo in
una passeggiata di venti minuti tutti i giorni, e potete ridurre del 57% il
rischio di subire un ictus cerebrale,
una delle principali cause di disabilità mentale negli anziani.
E per
quanto riguarda la depressione e gli altri disturbi affettivi? L’attività
fisica ha effetti potenti nel decorso di questo tipo di malattie.
L’esercizio fisico
regola la secrezione dei tre neurotrasmettitori
più comunemente associati al mantenimento della salute mentale: la
serotonina, la dopamina, e la norepinefrina. Anche se non può sostituire il
trattamento psichiatrico, l’attività fisica viene sempre più frequentemente
utilizzata dagli psichiatri in associazione al trattamento classico. Addirittura,
in alcuni esperimenti condotti su soggetti depressi e ansiosi, un rigoroso
programma di esercizi fisici funse da sostituto di un trattamento
farmacologico. Più a lungo il programma viene usato, maggiori sono i benefici. E’
soprattutto efficace nei casi gravi e nelle persone anziane.
-i vantaggi dell’attività fisica sono riservati solo agli anziani?
La maggior parte dei dati che abbiamo raccolto riguardano popolazioni
anziane. Se andiamo a valutare gli effetti dell’esercizio fisico in persone
giovani, questi diventano meno chiari. La
principale ragione di ciò è che sono stati compiuti pochi studi. Solo recentemente
ci si sta muovendo in questa direzione: uno studio molto convincente, ha
coinvolto 10.000 dipendenti pubblici britannici di età compresa tra i 35 e i 55
anni, esaminandone le abitudini alla pratica fisica e disponendoli su una scala
a tre livelli, basso, medio, alto. Le persone con un basso livello di attività
fisica avevano mediamente prestazioni cognitive più scarse. Studi simili
condotti in altri paesi hanno riportato gli stessi risultati.
Mancano studi sulle fasce meno giovani, ma i pochi dati disponibili puntano tutti nella stessa direzione che ormai ci è familiare.
L'attività fisica migliora la circolazione terminale: l'attività fisica stimola i vasi a produrre ossido nitrico, che regola il flusso sanguigno. Se il flusso aumenta, il corpo crea nuovi vasi sanguigni, che penetrano sempre di più in profondità nei tessuti. Più si fa esercizio fisico, più i tessuti si possono nutrire e più sostanze tossiche possono essere smaltite (i famigerati radicali liberi); e ciò avviene in tutto il corpo, cervello compreso.
Di recente è stato chiarito un altro effetto dell'esercizio fisico sul cervello: la pratica di attività fisica stimola la produzione di uno dei più potenti fattori di crescita cerebrali, il BDNF ( sigla che sta per brain derived neurotrophi factor, "fattore neurotrofico di derivazione cerebrale"), che aiuta nello sviluppo di tessuto sano.
Questa proteina mantiene giovani i neuroni e in salute i neuroni già esistenti, rendendoli molto più volenterosi di legarsi gli uni con gli altri, e in più stimola la neurogenesi, la formazione di nuove cellule nervose.
Maggiore è l'attività fisica, maggiore è la quantità di "fertilizzante" che si produce; per lo meno è quello che succede nei laboratori animali.
Attualmente vi sono indicazioni secondo cui lo stesso meccanismo ha luogo anceh negli esseri umani.
Cosa fare dunque?
Non c'è dubbio che sia in atto nel mondo un'epidemia di obesità. I benefici dell'attività fisica sembrano pressoché infiniti, dato che il suo impatto è sistemico, dato che interessa la maggior parte dei sistemi fisiologici. L'esercizio rinforza muscoli e ossa, migliora la forza e l'equilibrio. Aiuta a regolare l'appetito, modifica il profilo lipidico del sangue e riduce il rischio di almeno dieci tipi diversi di cancro; rinforza il sistema immunitario e contrasta gli effetti tossici dello stress. Poiché migliora il sistema cardiocircolatorio, riduce il rischio di malattie cardiovascolari, ictus cerebrale e diabete. Se uniamo tutto questo ai benefici intellettivi che l'esercizio produce, abbiamo a portata di mano una bacchetta magica per migliorare la salute umana così come è concepita dalla moderna medicina.
Per cui, signori, spegnete il pc, infilatevi tuta e scarpe da ginnastica, prendete il guinzaglio del vostro cane e andate a farvi una sana mezz'ora di passeggiata.