Crisi economica globale, guerre, smarrimento, perdita di valori... in una parola caos! Non fa per me, a me piace l'ordine, la simmetria delle cose; ma soprattutto mi piace la verità, o almeno è quello che cerco.

lunedì 21 gennaio 2013

Il Cervello: come farlo funzionare al meglio? -parte 2.


Ed eccoci alla seconda puntata della serie di articoli dedicati al nostro organo più importante.

Nel primo articolo, vi ho parlato delle differenze neuroanatomiche di genere, e le conseguenze  che queste implicano nella vita quotidiana (link all'articolo).


La regola numero due è:

L'ATTIVITA' FISICA POTENZIA IL CERVELLO.

<<Da 10 a 20 chilometri al giorno per gli uomini, e circa la metà delle donne>>.
Questo è quanto affermano i più importanti antropologi, basandosi su fondate stime scientifiche. Ciò significa che il nostro cervello si è sviluppato e si è evoluto non mentre stavamo fermi, oziando, bensì mentre facevamo esercizio fisico.
Quando le foreste pluviali hanno iniziato a ridursi, facendo calare drasticamente le risorse alimentari locali, i nostri antenati sono stati costretti a vagabondare in un paesaggio sempre più arido, in cerca di alberi su cui sgattaiolare e cercare la cena. Col peggiorare delle condizioni climatiche, molti degli alberi scomparvero. Anziché spostarci in alto e in basso tra i rami, in un mondo a tre dimensioni, abbiamo iniziato a muoverci avanti e indietro attraverso aride savane a due dimensioni. Cosa che richiedeva molta resistenza.
Il primo vero pioniere fu l'Homo erectus, circa due milioni di anni fa. 
I nostri diretti antenati, gli Homo sapiens, hanno fatto la stessa cosa, partendo dall'Africa 100.000 anni fa, e raggiungendo l'Argentina circa 12.000 anni fa.
Si tratta di un impresa notevole,  considerando il mondo in cui vivevano i nostri antenati. Attraversavano fiumi e deserti, giungle e catene montuose, senza una cartina e per lo più senza utensili. Costruirono anche imbarcazioni per attraversare i mari senza l'ausilio della ruota e della metallurgia, e poi percorsero il Pacifico da nord a sud e da sud a nord con le più rudi competenze nautiche.

Sul cammino trovavano nuove fonti di cibo, nuovi predatori, nuove sfide da affrontare.
Subivamo le peggiori malattie, molti morivano, e allo stesso tempo partorivano e allevavano figlio senza nessuna conoscenza medica.
Tutto questo ci dice solo una cosa: o si cresceva al top della forma fisica, o non si cresceva affatto. E ci dicono anche che il cervello umano è diventato il più dotato in condizioni in cui il movimento era una costante.

Se le nostre competenze cognitive si sono forgiate nella fornace dell'attività fisica, non è plausibile che questa le influenzi ancora? Le capacità cognitive di una persona in forma sono diverse da quelle di una persona in cattive condizioni fisiche? E se una persona in cattive condizioni fisiche venisse fatto ritornare in forma?
Sono tutte domande scientificamente verificabili.

Sono stati scoperti gli effetti benefici dell'esercizio fisico studiando e osservando le popolazioni che invecchiano.
Alcuni individui invecchiano in modo energico e brillante, conducendo una vita brillante e produttiva fino agli ottant'anni e anche oltre; d'altra parte ci sono individui che sembrano duramente attaccati dal processo di invecchiamento, spezzati, e spesso non superano i settant'anni. 
Quali differenze ci sono nel processo di invecchiamento negli individui nell'uno e nell'altro gruppo?

-esiste un fattore che lascia prevedere se si invecchierà bene o male?
Secondo numerosi studi,  uno dei principali preconizzatori di un buon invecchiamento si è rivelato essere la presenza o l'assenza di uno stile di vita sedentario. 
La motivazione principale di questa affermazione deriva dal fatto che l'esercizio fisico migliora  le capacità cardiovascolari, che a sua volta riduce il rischio di malattie come attacchi cardiaci o ictus cerebrali. Dalle ricerche è emerso però un altro dato rilevante: le persone che invecchiano con successo sono anche più vigili mentalmente. 

-queste persone erano veramente più lucide?
Su queste persone vennero eseguiti i più numerosi test della mente. Indipendentemente dal tipo di misura utilizzato, la risposta era sempre positiva: una vita all'insegna dell'attività fisica   può significare un incremento delle capacità cognitive, rispetto a quanto si riscontra nei soggetti sedentari.
I soggetti attivi superano i sedentari in test sulla memoria a lungo termine, ragionamento, attenzione, problem solving, ecc.
La memoria a breve termine invece non era influenzata dall'attività fisica o meno, come anche alcuni tempi di reazione. 
Inoltre, se è vero che la maggior parte delle persone mostrano un incremento di qualche tipo,  il suo grado varia di molto da individuo a individuo.
Questi dati mostrano solo una correlazione, non una relazione causa-effetto.
Per evidenziare il legame diretto, occorre fare una serie di esperimenti più approfonditi:

-cambiare stile di vita cambia anche il tipo di invecchiamento?
Gli scienziati presero un gruppo di anziani, sedentari, e fecero compiere loro esercizio fisico per un certo periodo di tempo, finito il quale ne misurarono di nuovo le capacità cognitive: rilevarono in maniera uniforme che, dopo aver praticato un programma di esercizi aerobici, nei soggetti sedentari iniziavano a risvegliarsi tutti i tipi di attività mentali. Si presentarono risultati positivi già dopo soli 4 mesi.
Gli stessi risultati si sono avuti in bambini in età scolare: si è chiesto ad alcuni ragazzini di fare 30 minuti di jogging due o tre volte alla settimana: dopo 12 settimane, le loro capacità cognitive erano migliorate in modo considerevole.
Quando il programma venne interrotto, i punteggi tornarono ad essere quelli di prima dell’esperimento.
Man mano che uscivano fuori risultati incoraggianti, i ricercatori cominciarono ad affinare le loro domande:

-che tipo di esercizio fisico si deve fare, e per quanto tempo?
Ci sono delle buone, e delle cattive notizie.
La risposta alla domanda <<quanto?>> è: non molto.
E’ sufficiente camminare parecchie volte alla settimana perché il cervello ne tragga vantaggio. Sembra che il corpo chieda a gran voce di ritornare alle sue radici.  30 minuti di esercizio aerobico, due o tre volte alla settimana; se a questo si aggiunge una dieta  corroborante, i benefici cognitivi saranno ancora maggiori.
Naturalmente i risultati variano a livello individuale, e nessuno dovrebbe imbarcarsi in un programma di allenamento senza prima consultare un medico: troppo esercizio fisico e un’eccessiva stanchezza possono danneggiare le facoltà cognitive.

-l’esercizio fisico può curare i disordini cerebrali?
Dato il marcato effetto dell’esercizio fisico sulle capacità mentali, gli scienziati vollero indagare se potesse essere impiegato anche nel trattamento dei disordini cerebrali. Che cosa sarebbe successo in presenza di alterazioni come la demenza senile, o il più studiato cugino Morbo di Alzheimer? O di disordini affettivi come la depressione?
I ricercatori considerarono sia la prevenzione sia il trattamento.
Gli esperimenti furono svolti in tutto il mondo,  coinvolgendo migliaia di persone, spesso esaminate e tenute sotto osservazione per decenni.
I risultati sono chiari: se si svolge attività fisica da tempo libero, il rischio di demenza generale è dimezzato. L’esercizio aerobico sembra essere la chiave.
Nel caso di Alzheimer, i risultati sono ancora maggiori: in questi casi vi è stata una riduzione del 60% della probabilità di contrarre il morbo.
Quanto esercizio? Anche qui, con poco si ottiene molto. Sono sufficienti due volte alla settimana. Traducetelo in una passeggiata di venti minuti tutti i giorni, e potete ridurre del 57% il rischio di subire un ictus cerebrale,  una delle principali cause di disabilità mentale negli anziani.
E per quanto riguarda la depressione e gli altri disturbi affettivi? L’attività fisica ha effetti potenti nel decorso di questo tipo di malattie.   
 L’esercizio fisico regola la secrezione dei tre neurotrasmettitori  più comunemente associati al mantenimento della salute mentale: la serotonina, la dopamina, e la norepinefrina. Anche se non può sostituire il trattamento psichiatrico, l’attività fisica viene sempre più frequentemente utilizzata dagli psichiatri in associazione al trattamento classico. Addirittura, in alcuni esperimenti condotti su soggetti depressi e ansiosi, un rigoroso programma di esercizi fisici funse da sostituto di un trattamento farmacologico. Più a lungo il programma viene usato, maggiori sono i benefici. E’ soprattutto efficace nei casi gravi e nelle persone anziane.

-i vantaggi dell’attività fisica sono riservati solo agli anziani?                                                     La maggior parte dei dati che abbiamo raccolto riguardano popolazioni anziane. Se andiamo a valutare gli effetti dell’esercizio fisico in persone giovani, questi diventano meno chiari.  La principale ragione di ciò è che sono stati compiuti pochi studi. Solo recentemente ci si sta muovendo in questa direzione: uno studio molto convincente, ha coinvolto 10.000 dipendenti pubblici britannici di età compresa tra i 35 e i 55 anni, esaminandone le abitudini alla pratica fisica e disponendoli su una scala a tre livelli, basso, medio, alto. Le persone con un basso livello di attività fisica avevano mediamente prestazioni cognitive più scarse. Studi simili condotti in altri paesi hanno riportato gli stessi risultati.
Mancano studi sulle fasce meno giovani, ma i pochi dati disponibili puntano tutti nella stessa direzione che ormai ci è familiare.

L'attività fisica migliora la circolazione terminale: l'attività fisica stimola i vasi a produrre ossido nitrico, che regola il flusso sanguigno. Se il flusso aumenta, il corpo crea nuovi vasi sanguigni, che penetrano sempre di più in profondità nei tessuti. Più si fa esercizio fisico, più i tessuti si possono nutrire e più sostanze tossiche possono essere smaltite (i famigerati radicali liberi); e ciò avviene in tutto il corpo, cervello compreso.

Di recente è stato chiarito un altro effetto dell'esercizio fisico sul cervello: la pratica di attività fisica stimola la produzione di uno dei più potenti fattori di crescita cerebrali, il BDNF ( sigla che sta per brain derived neurotrophi factor, "fattore neurotrofico di derivazione cerebrale"), che aiuta nello sviluppo di tessuto sano.
Questa proteina mantiene giovani i neuroni e in salute i neuroni già esistenti, rendendoli molto più volenterosi di legarsi gli uni con gli altri, e in più stimola la neurogenesi, la formazione di nuove cellule nervose.
Maggiore è l'attività fisica, maggiore è la quantità di "fertilizzante" che si produce; per lo meno è quello che succede nei laboratori animali.
Attualmente vi sono indicazioni secondo cui lo stesso meccanismo ha luogo anceh negli esseri umani.

Cosa fare dunque? 
Non c'è dubbio che sia in atto nel mondo un'epidemia di obesità. I benefici dell'attività fisica sembrano pressoché infiniti, dato che il suo impatto è sistemico, dato che interessa la maggior parte dei sistemi fisiologici. L'esercizio rinforza muscoli e ossa, migliora la forza e l'equilibrio. Aiuta a regolare l'appetito, modifica il profilo lipidico del sangue e riduce il rischio di almeno dieci tipi diversi di cancro; rinforza il sistema immunitario e contrasta gli effetti tossici dello stress. Poiché migliora il sistema cardiocircolatorio, riduce il rischio di malattie cardiovascolari, ictus cerebrale e diabete. Se uniamo tutto questo ai benefici intellettivi che l'esercizio produce, abbiamo a portata di mano una bacchetta magica per migliorare la salute umana così come è concepita dalla moderna medicina.






Per cui, signori, spegnete il pc, infilatevi tuta e scarpe da ginnastica, prendete il guinzaglio del vostro cane  e andate a farvi una sana mezz'ora di passeggiata.

domenica 20 gennaio 2013

Donne e linguaggio: introduzione.


Circa 7-5 milioni di anni fa, i nostri antenati progenitori acquisirono la postura eretta. Secondo la Folk, ciò pose le condizioni per un altro,  dirompente accadimento. La nascita del linguaggio. Con l’assunzione della postura eretta, il bacino delle femmine dei nostri antenati si strinse e così il canale del parto. Conseguenza di ciò , quando nasciamo, non siamo in grado di aggrapparci alle nostre madri, capacità che invece tutte le scimmie ancora posseggono. In questo scenario madri e loro prole sono protagoniste assolute. Le madri non avrebbero potuto raccogliere bacche, radici, erbe necessarie per il sostentamento senza poggiare a terra i loro piccoli, ormai incapaci di aggrapparsi a loro. L’unico  contatto con gli esseri inermi e piangenti rimaneva quello vocale.  Cercavano di acquietarli con vocalizzi, ossia rudimentali sonorità melodiche destinate in seguito a trovare sviluppo nel protolinguaggio, ma sopravvissute fino a noi attraverso il maternese, la lingua universale dalle tonalità affettive e dalle modulazioni musicali con cui tutto il mondo si rivolge ai bambini piccoli. Falk ritiene questa musica parlata fondamentale non solo  per l’apprendimento delle abilità linguistiche e per la maturazione emotiva e sociale, ma proprio come base per lo sviluppo successivo del linguaggio.

Approfondiremo la questione  nelle prossime settimane.

Bambini e dittatori...


Nel 1960, con l’intento di aumentare il tasso natale del paese, il dittatore Nicolae Ceaucescu vietò sia l’aborto sia la contraccezione, e tassò chiunque avesse più di 25 anni che fosse senza figli. Ma, parallelamente all’aumento delle nascite, aumentarono anche la povertà e i senza tetto; molti bambini venivano semplicemente abbandonati. La soluzione del dittatore fu quella di creare orfanotrofi in stile gulag, in cui i bambini erano, letteralmente, immagazzinati a migliaia. Nel 1990 alcuni giornalisti occidentali visitarono questi orfanotrofi: si trovarono davanti ad una situazione tragica. Era molto raro che i bambini venissero presi in braccio, o ricevessero alcun tipo di stimolazione intenzionale; molti furono trovati legati ai letti, lasciati da soli per giorni, con biberon di brodaglia fissati alla meno peggio in bocca, molti fissavano il vuoto con sguardo assente. Di fatto, si potevano attraversare una camerata di cento letti e non udire un suono. Le coperte erano intrise di urina e feci, e pullulavano di pidocchi. Il tasso di mortalità era devastante. Molti di questi bambini vennero adottati da famiglie canadesi, per crescerli nelle loro case, e in Canada questi bambini furono studiati. Gli scienziati suddivisero i bambini in due gruppi. Uno di essi appariva notevolmente stabile: comportamenti, rendimento scolastico, risposte allo stress erano equiparabili a quelli del gruppo di controllo costituito da ragazzi canadesi in buona salute. L’altro gruppo appariva altrettanto notevolmente problematico: disturbi dell’alimentazione, si ammalavano più di frequente, mostravano comportamenti sociali molto aggressivi. Dei veri e proprio teppisti in miniatura. Qual’ era la variabile indipendente? L’età di adozione. Quelli adottati entro il quarto mese erano quelli del primo gruppo. Quelli adottati dopo l’ottavo mese rientravano nel secondo gruppo. L’impossibilità di trovare sicurezza attraverso il legame, in una specifica età dell’infanzia, aveva chiaramente causato uno stress enorme ai loro sistemi psiconeuroimmunobiologici. Pur essendo ormai da tanto tempo fuori dall’orfanotrofio, questi bambini non sono mai riusciti ad essere liberi.

giovedì 17 gennaio 2013

Il Cervello: come farlo funzionare al meglio? -parte 1.


Con questo pezzo inizia la mia prima serie di articoli incentrati su un argomento: l'argomento in questione è il nostro cervello. Pur pesando solo circa il 2% del nostro peso, il cervello consuma il 20% delle nostre energie.
Come funziona? Di cosa necessita per funzionare al meglio? Come fa a imparare le cose più diverse? Come fa a dimenticarle?
In questo e nei prossimi articoli descriverò le regole per ottenere il meglio dal nostro cervello, per allenarlo, e per mantenerlo attivo per tutta la vita.

La regola numero uno è:

LE DONNE E GLI UOMINI HANNO UN CERVELLO DIVERSO.

Voglio cominciare con un argomento "delicato".
C'è differenza tra il cervello di una donna e quello di un uomo, oppure le affermazioni a riguardo sono semplicemente dei retaggi culturali? Quanto questi retaggi culturali influiscono sulle aspettative sociali, e quindi sul comportamento degli individui?
C'è molta confusione su come uomini e donne si relazionano, e ancor di più sul perché; c'è anche confusione tra i termini, come sesso e genere.
Useremo sesso per riferirci alla biologia e all'anatomia, mentre genere sarà riferito alle aspettative sociali.



Innanzitutto, il sesso è scritto nel DNA, il genere no.
Per prima cosa, andremo ad analizzare quali sono le differenze tra maschio e femmina a livello biologico, genetico.

In che momento diventiamo maschi o femmine, come?
Tutto comincia nel migliore dei modi, meglio di così non potrebbe cominciare: durante un rapporto sessuale. Centinaia di milioni di spermatozoi viaggiano all'impazzata all'interno dell'utero alla ricerca di un ovulo.
Ad un essere umano servono 46 cromosomi, 23 ne ha l'ovulo, e altrettanti lo spermatozoo.
Tra questi 46, due cromosomi andranno a determinare il sesso del nascituro: i cromosomi X e Y.
L'ovulo ha sempre il cromosoma X, lo spermatozoo può avere uno o l'altro: è quindi lo spermatozoo a  determinare il sesso dell'embrione. Il 50% degli spermatozoi avrà la Y, il restante 50% la X.
X e Y sono molto diversi: X contiene circa 1500 geni, Y circa un centinaio. I geni di X partecipano a tutto il processo di costruzione dell'embrione, e sono importanti per il resto di tutta la vita. I  geni di Y sono molto meno importanti: col passare del tempo infatti li stiamo perdendo (si stima circa 5 geni ogni milione di anni).
Con un solo cromosoma X, i maschi necessitano di tutti i geni  di X che riescono ad ottenere; le femmine, invece, ne hanno due, e si trovano di fronte ad un altro problema: hanno il doppio degli "ingredienti".
Per ovviare questo problema, la cellula mette in atto quello che viene definito "inattivazione del cromosoma X" (o anche silenziamento). Essendoci due cromosomi X, uno paterno e uno materno, tra cui scegliere, quale dei due viene più frequentemente inattivato? In realtà, al di là di ogni aspettativa, dagli esperimenti è risultato che non vi è nessuna preferenza, la scelta è apparentemente casuale. Questo significa che nella femmina ci sono cellule che hanno il cromosoma X paterno, e cellule con quello materno.
Nel 2005 è stato completato il sequenzamento del genoma umano, e si è appurato che una percentuale decisamente alta di geni del cromosoma X codifica per proteine  implicate nella costruzione del
cervello. Alcuni di questi geni possono essere coinvolti nella costituzione di funzioni cognitive superiori, dalle competenze verbali ai comportamenti sociali a certi tipi di intelligenza.
Lo scopo dei geni è quello di creare molecole che facciano da mediatrici tra le funzioni delle cellule in cui risiedono. Raggruppamenti di queste cellule vanno a costituire l'anatomia del cervello.
Siamo passati dunque dai geni all'anatomia: quanto le differenze genetiche tra maschi e femmine influenzano la neuroanatomia?
Nei laboratori si sono riscontrate differenze nella corteccia frontale e prefrontale, aree che controllano gran parte delle competenze volte alla capacità di prendere decisioni. In alcuni punti, la corteccia è più spessa nelle donne che negli uomini.
Ci sono differenze basate sul sesso nel sistema limbico, che controlla la vita emozionale e media alcuni tipi di apprendimento.
Sono presenti differenze anche nell'amigdala, responsabile delle emozioni, e del ricordarle: a dispetto di un diffuso pregiudizio sociale, l'amigdala è più sviluppata negli uomini che nelle donne.
A riposo, l'amigdala femminile comunica di più con l'emisfero sinistro (quello razionale), mentre quella maschile con l'emisfero destro (quello "creativo").

Le cellule del cervello comunicano attraverso sostanze biochimiche; nemmeno queste sfuggono alle differenze sessuali: fra tutte la regolazione della serotonina.
La serotonina è importante nel regolare emozioni e umori (gli antidepressivi, il Prozac ad esempio, agiscono aumentando la concentrazione di serotonina disponibile a livello sinaptico).
I maschi riescono a sintetizzarla il 50% più velocemente delle donne.

Tutte queste differenze significano qualcosa? Quanto interferiscono nei comportamenti?
Come succede spesso in medicina, ma ancora di più in neurologia,  molto di ciò che si sa del cervello si sa grazie alle malattie cerebrali.

Il ritardo mentale è più frequente nei maschi: molte di queste patologie sono dovute a mutazioni dei
geni presenti nel cromosoma X. I maschi hanno solo un cromosoma X, quindi se questo si danneggia,  siamo costretti a subirne le conseguenze.
Questa è la prova più evidente che dimostra il coinvolgimento del cromosoma X nel funzionamento
cerebrale e quindi nel suo comportamento.
I maschi sono affetti da schizofrenia in modo più grave rispetto alle femmine.
Le donne hanno il doppio della probabilità di sviluppare una depressione
I maschi hanno più frequentemente un comportamento antisociale.
Le femmine soffrono più spesso di ansia.
La maggior parte degli alcolisti e dei tossicodipendenti è di sesso maschile.

Ma per quanto riguarda i comportamenti sani?
Gli uomini e le donne rispondono in modo diverso agli stress emotivi: i maschi attivano l'amigdala dell'emisfero destro, le femmine quella dell'emisfero sinistro;  le donne ricordano i dettagli emozionali, gli uomini colgono l'essenziale.
Le donne hanno capacità verbali migliori degli uomini: è noto da diversi anni che i maschi soffrono il doppio di disturbi del linguaggio, e inoltre sembra che le donne si riprendono meglio da deficit verbali indotti da ictus. Questo è dovuto a differenze anatomiche: le donne tendono ad usare entrambe gli emisferi, gli uomini primariamente uno solo. Le donne presentano connessioni più spesse tra i due emisferi, gli uomini più sottili.
Queste prove sono a sostegno delle osservazioni fatte per anni dagli educatori: man mano che avanzano nel sistema scolastico, le bambine sembrano essere più sofisticate dei bambini a livello verbale. Sono migliori nei problemi di memoria verbale, di scioltezza verbale, e nella velocità di articolazione. Anche da adolescenti, le ragazze continuano a battere i ragazzi nell'elaborazione di dati verbali.

Tuttavia, quanto di questo è dovuto a differenze di sesso, e quanto al contesto sociale?
Quando si parlano, le ragazze mantengono un contatto visivo frontale, prolungato, si protendono e parlano moltissimo. Per contro, i ragazzi si guardano raramente in faccia, preferendo angolature degli sguardi parallele o oblique, hanno scarso contatto visivo.  Non usano le informazioni verbali per rafforzare le loro relazioni, fare delle cose insieme è il collante che mantiene intatte le loro relazioni.
Alle elementari, i maschi cominciano a usare le loro competenze verbali per qualcosa: negoziare il loro status in un gruppo. I maschi con uno status elevato impartiscono ordini agli altri maschi del gruppo, verbalmente e anche fisicamente. I leader mantengono il loro dominio non solo dando ordini, ma anche controllando che vengano eseguiti.
Gli altri bambini forti cercano di sfidarli, e questo spesso avviene con le parole. Quello che ne risulta è che nei maschi la gerarchia è molto evidente, e dura. 
Le bambine utilizzano comportamenti e strategie completamente diversi: vi sono tra loro anche bambine di status gerarchico più alto, ma per generare e mantenere le gerarchie non usavano la forza. Le bambine parlano molto: parlare è così importante che il tipo di discorso determina lo status. Confidare i propri segreti determina lo status di "migliore amica". 
La differenza dei generi potrebbe descriversi come una piccola ma molto significativa differenza nell'uso delle parole: "FA COSÌ!", nel caso dei maschi; "FACCIAMO COSÌ", nel caso delle femmine.
Nel tempo, queste vie di comunicazione vanno man mano rafforzandosi, inducendo differenti sensibilità sociali nei due gruppi.

Come possiamo sfruttare tutte queste informazioni nella vita di tutti i giorni?
Avere a che fare con le vite emotive di uomini e donne è parte integrante del lavoro di numerosi professionisti.
Questi dovrebbero sapere queste cose:
Le emozioni sono utili. Inducono il cervello a prestare attenzioni.
Uomini e donne elaborano certe emozioni in modo diverso,
Le differenze sono il prodotto di complesse interazioni fra natura e cultura.



mercoledì 16 gennaio 2013

Medicine alternative



Su Internet ho letto la storia di un ragazzo di nome Michele. Una persona pragmatica che non credeva ai rimedi naturali. In un periodo di profonda depressione la sua fidanzata lo convinse ad abbandonare il suo scetticismo e a permettere a un loro amico di provarlo a guarire con il reiki. Il racconto di  Michele della seduta di reiki è impressionante. Dice che mai si era sentito così abusato e sfruttato nella sua vita. Era lì, nel suo momento più sfortunato, a subire ciò che percepì come il peggior tipo di  spazzatura auto indulgente ed egocentrica. Si sentì abusato nel peggiore dei modi, solo per gonfiare quella che riconobbe essere, in quel momento, l'autostima, distorta e dipendente dagli altri, del terapeuta che aveva bisogno del titolo di guaritore per sentirsi soddisfatto. Questo evento ha fatto riflettere Michele su quanto facilmente uno possa soccombere all’assurdità quando è in difficoltà, e sulla moralità dell'industria delle pozioni miracolose di oggi, che sfrutta la debolezza del disperato e che si aggrapperebbe a qualsiasi cosa pur di guadagnare. È una disgrazia essere ammalati, e accettiamo felicemente assurde offerte di rimedi di cui in altri casi rideremmo. 

La maggior parte delle malattie terminali non comporta un semplice peggioramento quotidiano dei sintomi, fino alla morte. Esse fluttuano: ci sono ricadute e miglioramenti che danno sollievo al peggioramento generale. In alcuni casi la malattia potrebbe pure scomparire per un lungo periodo di tempo. Quando una persona che soffre di una malattia del genere si sentirà abbastanza disperata da far ricorso a trattamenti infondati e speculativi? Quando sarà in un punto molto basso. Questo è il punto dove avrà più probabilità di trovare un trattamento inutile, spinta dalla disperazione. Comunque, chiunque si trovi in un punto basso dell'onda fluttuante di una salute progressivamente in declino, è probabile che vivrà un periodo di miglioramento nell'immediato futuro. A qualsiasi inutile trattamento preso  in quel momento, verrà attribuito il merito del miglioramento, quando molto verosimilmente non ha avuto nessun ruolo. Ugualmente alcune terapie, come quelle chemioterapiche, di solito comportano che il paziente non stia bene durante il ciclo di cure ma poi stia meglio e si spera che il tumore si riduca e svanisca alcune settimane dopo la fine del trattamento. Non è insolito che un paziente decida che la chemioterapia non abbia funzionato, dato che si è sentito terribilmente male e non ci sono stati miglioramenti durante il trattamento, e decida di trovare in seguito qualche cura alternativa che naturalmente promette di essere dolce. Successivamente, quando dopo alcune settimane gli effetti della cura ufficiale inizieranno a manifestarsi, il paziente affermerà di sentirsi benissimo, addirittura di aver la speranza di esser guarito. Tuttavia, questo miglioramento potrebbe essere ingiustamente attribuito alla cura alternativa, somministrata in quel momento, e non agli effetti reali della chemioterapia. Il pericolo ovviamente è che il paziente possa giungere ad affidarsi a questi rimedi  inefficaci a scapito di cure collaudate. Dopotutto, se i metodi tradizionali non sono in grado di arrestare il terribile declino, perché non rivolgersi a trattamenti alternativi? E se sembrano funzionare perché non rivolgersi esclusivamente a questi? In Italia la spesa annuale nel mercato della medicina alternativa si aggira attorno ai 2 miliardi di euro. Mentre i farmaci sono sottoposti a controlli rigorosi prima che ne venga ammessa la vendita, i prodotti alternativi non lo sono. Se hanno la possibilità di rivendicare risultati che sono falsi o che non possono essere dimostrate, dovrebbero essere anche loro sottoposti alla regolamentazione? Al di là dei trattamenti alternativi che si offrono ai malati terminali, ci sono un sacco di rimedi alternativi su cui gente relativamente  in salute scommetterebbe. Ognuno sa o conosce qualcuno che sa grandi storie sulla loro efficacia. Tipicamente, potreste avere sofferto di un brutto raffreddore, e sembrava che le medicine e le pillole tradizionali non funzionassero. Una vostra amica vi ha raccomandato un grandioso rimedio a base di erbe che lei stessa ha usato con risultati efficaci, così avete deciso di fare una prova il secondo giorno di raffreddore ed iniziate ad usarlo, e il terzo giorno il raffreddore è scomparso. Avendo tralasciato il fatto che probabilmente il raffreddore se ne sarebbe andato comunque in un paio di giorni, siete rimasti impressionati, e con lo stesso entusiasmo, raccomandate il rimedio a base di erbe ai vostri amici. Rimedi del genere sono stati sottoposti a test il più possibile neutrali per vedere se in realtà abbiano qualche effetto, rispetto al placebo, e ogni volta i risultati dimostrano che non ne hanno.

Come è possibile testare queste cose in modo neutrale?

La prima cosa è capire che una singola esperienza non ha valore universale; prima dobbiamo raccogliere molte persone nella stessa condizione e vedere la percentuale di loro che trova aiuto nel rimedio alternativo. Ad ogni modo, non è del tutto neutrale confrontare gli effetti del trattamento alternativo con quelli di nessun trattamento, a causa dell'interferenza della cosiddetta risposta placebo. Così, a metà del gruppo sarà data una pillola di zucchero, inattiva, inefficace, detta placebo, e all'altra metà verrà somministrato il trattamento vero. Molto importante, nessuno dei partecipanti sa se è nel gruppo del trattamento o nel gruppo di controllo. Ora, contrariamente alle accuse esagerate fatte dai new age, cioè che gli scienziati siano sbilanciati, che facciano finta di non vedere l'efficacia dei loro trattamenti, gli scienziati fanno un passo in più quando conducono questi esperimenti, per rimuovere la possibilità che le loro personali preferenze possano consapevolmente o inconsapevolmente viziare la neutralità del test. La scienza cerca proprio di uscire dai pregiudizi che ne derivano dalle esperienze individuali per entrare nella realtà di ciò che funziona davvero. Quindi i test sono fatti in doppio cieco, il che significa che non solo i pazienti non sanno a quale gruppo appartengono, ma nemmeno gli scienziati lo sanno. Solo il computer che ha casualmente diviso i gruppi in due sa chi è chi. Vediamo ora un'occhiata ai risultati: nel gruppo di controllo c'è stato un miglioramento quantificabile, causato solamente dall'aspettativa di migliorare per aver preso una pillola, o causato da una naturale variabilità dei sintomi. Ci aspetteremo pure che circa lo stesso numero di soggetti del gruppo trattamento sia migliorato per la stessa ragione, l'effetto placebo, anche se nessuna delle affermazioni fatte dai terapeuti alternativi è vera. Il punto è, nel gruppo sottoposto al trattamento reale è maggiore il numero di persone che migliora? La risposta, un'altra volta ancora, è no. I risultati dei due gruppi sono circa sempre gli stessi. Questi rimedi, al di là di quello che si dice, sono efficaci quanto il placebo. La risposta dei seguaci della medicina alternativa è dire qualcosa del tipo: be’, non sorprende che non li superino. La scienza cerca sempre di spiegare qualcosa di bello prestabilito che però non sempre è adatto. Questi rimedi non sono adatti al metodo basato sui fatti. Non funzionano durante i test scientifici perché i test scientifici sono la maniera sbagliata per verificarne l'efficacia. La lamentela che questo non si adatta al modello scientifico si sente solo quando il rimedio non supera il test. Semmai il test fosse stato superato, i paladini della medicina alternativa non sarebbero stati così sbrigativi. Vi si sarebbero aggrappati e avrebbero gridato fino ai cieli che la scienza ha approvato le loro affermazioni. I test scientifici verrebbero riconosciuti immediatamente come validi.

Cosa significa comunque che non si adatta al metodo oggettivo basato sui fatti? Viene seriamente dichiarato che i fatti e l'oggettività non hanno nessun ruolo nel decidere se valga o meno la pena di fare dei trattamenti. Come possono essere i fatti irrilevanti? Se utilizziamo solo fatti soggettivi come possiamo decidere realisticamente quando qualcosa è efficace? Una cosa funziona o non funziona e ci sono modi buoni e cattivi per vedere se funziona o no. Modi sinceri e modi incerti, modi curiosi e modi inutili. L'omeopatia è un rimedio molto popolare che pure non passa i test. La mancanza di un sostegno reale, non di parte, per l'omeopatia, non dovrebbe sorprenderci. Essa è stata inventata nel 18º secolo ed è basata sull'idea che il simile può essere curato dal simile. I rimedi omeopatici consistono in soluzioni diluite di sostanze che essere prese in dosi pesanti determinerebbero proprio il disturbo di cui soffre il paziente. La logica dell’ omeopatia è che più la dose è debole, più è efficace. A causa di ciò, i rimedi vengono solitamente diluiti a tal punto che non si può trovare traccia dell'importante sostanza in questi. Ma se non c'è nulla della sostanza vitale come può avere un qualche effetto? Da ogni punto di vista che non sia quello della vera fede, questa è evidentemente una nozione ridicola. Tuttavia l'effetto placebo e una scorretta comprensione della variabilità talvolta possono farla apparire efficace ad alcune persone. Nel caso dell'omeopatia, il fatto che i rimedi siano diluiti al punto da diventare acqua pura rende difficile confrontarli con un placebo in attivo. Anche il placebo inattivo, sicuramente, dovrebbe essere acqua. Ma ci sarebbero, nell'acqua più pura, più molecole randagie di quelle desiderate in una dose omeopatica. Qualsiasi omeopata che realmente creda nella propria teoria dovrebbe lavorare di gran lena dall'alba al tramonto. Dopo tutto se i test in doppio cieco fossero sempre e costantemente positivi, vincerebbe un Nobel non solo per la medicina ma anche per la fisica. Avrebbe scoperto un principio nuovo di zecca della fisica, forse una nuova forza fondamentale dell'universo. Con una prospettiva del genere di sicuro gli omeopati dovrebbero saltare gli uni sugli altri presi dall'ansia di essere i primi ad arrivare in laboratorio, correndo come degli alternativi Watson e Creek per reclamare questo scintillante incoronamento scientifico.

Ehm, in realtà no, non lo fanno. Può essere che non credono nella propria teoria, dopo tutto?

Nel caso dell'agopuntura, è anche difficile costruire validamente dei test in doppio cieco. Quando si tratta di infilare gli aghi in una persona, non c'è un modo fasullo di somministrare il test al paziente di controllo che non sia quello di posizionare aghi in punti che non corrispondono ai punti meridiani stabiliti dai terapeuti. Il punto è che per inserire gli aghi nei punti sbagliati bisogna sapere quali sono quelli giusti quindi essere un terapeuta, quindi non rispettare l'imparzialità del doppio cieco. Alcuni casi hanno in realtà ha dimostrato che la agopuntura è più efficace della somministrazione del placebo. Tuttavia, in questi esempi, i pazienti soffrivano di malattie conosciute come placebo reattive. Nessuna differenza viene trovata quando i test sono su malattie placebo non reattive. Da questo si può dedurre che il tentativo di test in doppio cieco non è efficace e che vi è una risposta placebo alla vera agopuntura che è molto più forte di quella innescata dalla somministrazione fasulla. Dato che essa è migliore del placebo solo quando la malattia è placebo reattiva è lecito dire che la agopuntura è probabilmente un puro placebo.


Un mio amico mi ha raccontato di una sua visita da  un terapista di chinesiologia applicata. In una seduta di chinesiologia, il paziente distende il proprio braccio in avanti e lo spinge verso l'alto contro la mano del terapeuta, che a sua volta cerca di spingerlo verso il basso. Poi il terapeuta seleziona una serie di cibi, e li porge al paziente. A un certo punto, dopo aver preso una delle sostanze, il paziente scopre di non essere in grado di far forza efficacemente contro il braccio ed è quindi obbligato a cedere. Questo è il test. Dimenticando per un momento quanto ridicolo possa sembrare, noi siamo invitati a leggerlo come la dimostrazione di qualche tipo di intolleranza alimentare. Poi al paziente viene consigliato di evitare quel cibo o ingrediente, al fine di curare o migliorare la propria malattia. Ecco un esempio di test a doppio cieco sulla chinesiologia: i chiropratici presentano, come esempio migliore, una dimostrazione che credevano mostrasse che il corpo umano potesse rispondere alla differenza tra glucosio, uno zucchero cattivo, e fruttosio, uno zucchero buono. La differente risposta era una verità assoluta per i guaritori alternativi, sebbene non ci fosse nessuna garanzia scientifica. i chiropratici fecero sdraiare i volontari sulla schiena e fecero loro alzare un braccio in verticale. Dopo misero una goccia di glucosio sulla lingua del volontario. Il chiropratico poi, tentò di spingere il braccio del volontario verso il basso mentre il volontario trovava a resistere. I chiropratici affermano che il paziente aveva riconosciuto il glucosio come zucchero cattivo. Dopo che la bocca del paziente venne sciacquata e dopo che fu posta una goccia di fruttosio sulla sua lingua, e in quasi tutti i test, il paziente riusciva a resistere al movimento verso l'abbassamento del braccio del chiropratico. Il corpo aveva riconosciuto il fruttosio come zucchero buono. Successivamente un'infermiera portò un gran numero di provette, ognuna delle quali era marcata con un numero segreto, in modo che non si potesse sapere quali provette contenessero fruttosio e quali glucosio. I test sul braccio vennero ripetuti, ma questa volta in doppio cieco, né i chiropratici né i volontari e nemmeno gli osservatori sapevano se la soluzione che veniva applicata sulla lingua del volontario fosse glucosio o fruttosio. Come prima alcune volte i pazienti erano in grado di resistere e altre no. Successivamente l'infermiera tornò con la chiave di lettura dei codici. Non c'era nessuna connessione tra l'abilità di resistere e il fatto che al volontario fosse stato dato lo zucchero buono o quello cattivo. Quando furono annunciati i risultati, il chiropratico disse: vedete, è per questo che non eseguiamo più test in doppio cieco, non funzionano mai! Come ho detto prima, se può essere dimostrato senza dubbio e ripetutamente che un mezzo o una medicina alternativa funzionano, allora cessano di essere alternativa e diventano medicina.

 La corteccia del salice per esempio è un classico antidolorifico alternativo. Gli scienziati videro che funzionava indubbiamente ripetutamente, così cercarono cosa c'era nella corteccia del salice provocava   una diminuzione del dolore. Scoprirono nel 1838 ch era l'acido salicilico della corteccia che serviva allo scopo. Una forma sintetizzata di questo è l'acido acetilsalicilico, meglio conosciuto come aspirina. Medicina ortodossa non significa altro che medicina di cui può essere dimostrata sicuramente l'efficacia. Una difesa debolissima ma che riesce essere molto affascinante della medicina alternativa è che usa dei principi che sono stati presenti per lunghi periodi in culture che non siamo in grado di comprendere. Il fatto che una medicina fosse presente centinaia di anni fa non è una prova della sua efficacia. Un'occhiata alle zone sottosviluppate del mondo da cui provengono queste medicine rivela culture che reclamano l'introduzione dell’efficace medicina occidentale. Un ugandese che sta morendo di tubercolosi dovuta all'AIDS non vuole essere curato con i rimedi naturali dei suoi avi; vuole una siringa sterile piena di antibiotici, e dopo vuole partecipare al protocollo delle 16 pillole al giorno che, nell'Occidente, gli darebbe qualche speranza nel tenere sotto controllo l'AIDS. Nella sviluppata Cina, dove si potrebbe immaginare che sia comune l'uso dell'agopuntura ed i rimedi del genere, solo il 18% delle persone fa uso di tali medicine tradizionali, nonostante siano ampiamente disponibili. I rimedi tradizionali sono magnifici se vivete in Occidente e avete bisogno di affrontare cose non più gravi di eruzioni cutanee, intestino irritabile o attacchi d'ansia, e se avete una moderna farmacologia su cui ripiegare le cose si complicano, ma sono inutili contro le malattie che quotidianamente uccidono e menomano gli abitanti dei paesi da cui provengono questi rimedi. Il paladino occidentale delle medicine alternative è colpevole di una visione profondamente paternalistica dell'oriente se in modo credulone si aggrappa all'idea di una tradizione di saggezza insita negli arcani rimedi ancestrali.

martedì 15 gennaio 2013

Scienza e Relativismo


Negli anni 60, un antropologo chiamato Clifford Geertz segnò la strada verso la multiculturalità essendo il  primo e il principale studioso a parlare di culture tribali per quello che erano, invece che come curiosità esotiche e primitive. La chiave stava nel ritenere validi i valori di una cultura diversa né più né meno di quelli di un'altra, distaccandosi dalla sdegnosa filosofia coloniale. Nel tempo, mentre scivolavamo nel post modernismo, si sviluppò una sorta di feticismo perché si riteneva che tutta la realtà fosse relativa. La verità e gli ideali erano considerati come semplici prodotti del proprio sistema di valori, e suggerire che una convinzione fosse in qualche modo migliore o più valida di un'altra veniva bollato come fuori moda o melodrammatico; alla peggio fu trattato come un abuso simbolico. Questo  relativismo, estremo opposto al fondamentalismo ed efficace mezzo di promozione di ideologie pericolose prive di fondamento nel suo trascurare il valore dell'evidenza, tutti riccamente rivestiti da strati di linguaggio oscuri all'uomo, come se, un fraseggio perennemente impenetrabile fosse la prova necessaria di un pensiero superiore. La gran parte della letteratura sociologica sull'argomento considera il tutto come un asfissiante esercizio onanistico. Dal momento che tale isteria ermeneutica si è radicata nella nostra psiche, la scienza ha iniziato a crearsi una cattiva fama. Il sapere scientifico iniziò ad essere visto come un ulteriore esempio di insieme di valori soggettivi e personali, questa volta appartenente agli scienziati e quindi mero prodotto dei loro valori. La scienza fu ritenuta valida né più né meno delle credenze non scientifiche degli eccentrici sostenitori della corrente new age. E potrebbe non sembrarti sbagliato: di certo evidenziare che uno scienziato ha le sue convinzioni proprio come le ha un guaritore psichico, e che non si devono considerare valide le une e non valide le altre, sembra essere un approccio equo e illuminato. Allo stesso tempo, si potrebbe aggiungere che l'ateo è sicuramente tanto religioso quanto il cristiano, nel senso che ha adottato una serie di convinzioni alle quali scegliere di conformarsi rigorosamente. Sebbene possa essere una tentazione brillante fare questa rivendicazione, si tratta di un'affermazione assurda, tanto quanto è privo di logica dire che un cristiano è un tipo ateo. Avere un insieme di convinzioni sulla religione non è lo stesso che essere un vero credente. Che ne resta quindi dell'oggettività? Se la verità è relativa, cosa ne resta dell'oggettività? Non esiste altro al di fuori dei nostri valori e percezioni? Il muro che ho di fronte è sempre lì anche se non riesco a vederlo? C'è mai stato un muro? Benché possa sembrare un esercizio mentale affascinante per gli studiosi di filosofia, io forse sono ingenuamente felice di applicare il più utile schema mentale secondo il quale è molto probabile che il muro resti lì dov'è anche se io non riesco a vederlo, e agire di conseguenza (ossia non andandoci a sbattere). Parimenti, suppongo che la maggior parte dei teorici post moderni sia felice di accettare il fatto che la scienza abbia una qualche validità oggettiva in relazione al mondo reale quando prendono gli aerei che li portano alle loro conferenze. Ovviamente è molto più sensato, utile e preferibile considerare la percezione che hanno le persone di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato, in tandem con i valori derivati dalla loro educazione e cultura. Allo stesso modo, ci sono naturalmente scienziati e atei che sbagliano proprio come qualsiasi altro essere umano e che pensano in modo pesantemente ottuso.

 

Ma prima di andare oltre ci sono alcune cose che dobbiamo tenere a mente: prima di tutto, è compito del credente fornire le prove di ciò che afferma, non è compito di chi non crede provare che il credente è in errore. Per tornare a Bertrand Russell, non posso provare in maniera certa che non ci sia una teiera in orbita attorno alla terra, e non dovrei sentirmi in dovere di farlo solo perché tu affermi che ce ne sia una. Se tu ci credi, e vuoi che anche io ci creda, sta a te dimostrarlo. E si dà il caso che io possa volere una prova migliore della tua semplice affermazione ci credo perché lo so nel profondo del mio cuore. Se non mi credi, prova a dimostrare qualsiasi negazione e vedrai che presto finirai per restare impantanato. Supponi io voglia farti credere che c'è un topo verde in casa mia. Sta a me scovarlo e mostrartelo; tu non saresti mai in grado di dimostrare che non si sia un topo verde da me. Potresti cercarlo e rivoltare casa mia ma potrebbe sempre nascondersi da qualche altra parte in cui non hai riguardato. Non puoi provare che non esiste. Sarai disposto a credere che il topo verde ci sia quando alla fine ne hai una prova inequivocabile, e non soltanto perché qualcuno ti dice che c'è; tuttavia non hai la mentalità così ristretta da presumere che non sia così o da andare a chiederne una prova evidente. Si tratta di sano scetticismo. Mostrami una prova oggettiva della tua straordinaria affermazione e io ci crederò.

 

In secondo luogo, il metodo scientifico viene frainteso. Quasi tutto il pensiero meta scientifico, new age, antiscientifico, funziona partendo da un'idea e raccogliendo soltanto le prove a suo favore. È la ricetta garantita per confermare qualsiasi convinzione, e spiega la ragione del perché la gente sia pronta a credere alle cose più assurde. Ora, la stessa accusa viene fatta alla scienza. Pensiamo al caso di un omeopata, felice del fatto che i suoi metodi alternativi funzionino molto bene, e della scienza che ignora i molti successi da lui ottenuti e rifiuta di accettare che funzioni. Gli scienziati, è fuori discussione, hanno il loro modo di vedere il mondo, e cercano di spiegare tutto nei loro termini. Forse uno scienziato ha il suo modo di vedere l’aromaterapia, e chi la pratica ha il suo proprio modo olistico. Nessuno può dire che la spiegazione scientifica sia quella giusta. Inoltre, la scienza deriva dal lavoro dei singoli scienziati, i quali sono mossi da ragioni di profitto, corruzione o da una visione limitata, quindi come possiamo considerare come verità oggettiva ciò che dicono? Non potrebbe darsi che qualsiasi cosa sostenga la scelta adesso venga confutata in qualche modo nel futuro? Quindi, l'unica cosa che uno scienziato sa per certo non è forse che eventualmente potrà essere smentito in futuro? Per quanto possa sembrarmi ragionevole, ciò dimostra una reale fraintendimento del metodo scientifico. Fino a poco tempo fa, mi piaceva parecchio la logica di queste ultime domande e credevo che l'unica risposta possibile fosse, sì. Ma anch'io sono stato ingenuo nel considerare il reale funzionamento della scienza. Come abbiamo visto tutti noi siamo inclini a credere felicemente alla gran parte delle cose. Possiamo convincerci di tutto quello che vogliamo. Se credo che la terra sia sferica ma mio figlio crede che sia piatta, chi può dire chi di noi ha ragione? La risposta è una sola: prove evidenti. Mentre il pensiero non scientifico parte da una premessa e poi ricerca gli elementi a favore, il pensiero scientifico cerca costantemente di smentirsi. È solo questa la differenza sostanziale. Uno scienziato fa un'affermazione: a causa b. Invece che analizzare tutti i casi in cui a causa b, cerca invece di smentire che ha causi b. Ma se dopo rigorosi tentativi di dimostrare a se stesso che ciò è errato, sembra invece appurato che a causi b, allora pubblicherà i suoi risultati. Spetta ai suoi pari e contro pari verificare le sue scoperte. Probabilmente vorranno fare i loro esperimenti, per vedere se riproducono gli stessi risultati o se smentiscono che a causi b. Se quello scienziato ha condotto esperimenti sbagliati, o se si dimostra che i suoi risultati sono errati, la sua reputazione ne verrà gravemente danneggiata. Questo è lo scopo. Qualche volta il tempo dimostra che qualcosa è mancato, oppure uno scienziato poco etico, affamato di notorietà potrebbe procurarsi i risultati affrettati a far pubblicare a terze parti interessate prima di divulgarli nella comunità scientifica affinché vengano ulteriormente verificati. Oppure uno scienziato cercherà solo di confermare le sue supposizioni. Con aspettative simili, è facile fare errori e creare una scienza negativa. Tuttavia considera il procedimento: sebbene sia possibile sollevare accuse di inevitabili, quanto occasionali parzialità, questo criticismo deve essere applicato almeno altrettanto duramente al campo dell'alternativo verso chi non è mosso dal desiderio di vedere le cose con obiettività. Per quanto si possa essere generosi, di certo possiamo dire che la parte non scientifica, con l'enfasi che attribuisce alla fede, all'intuizione, o ai sentimenti, è destinata a contenere un livello di parzialità inevitabile che dovrebbe farci pensare due volte prima di scagliare quell’ accusa contro la comunità scientifica. Lo scopo della sperimentazione scientifica è quello di uscire dalla testa dello scienziato, con i suoi pregiudizi e valori, e vedere cosa sembra accadere nel mondo, con un certo margine di attendibilità, a prescindere dalle convinzioni o ideologie personali. Il metodo scientifico è l'antitesi del concetto di relatività secondo cui tutto dipende dai valori personali, o che il sapere scientifico equivale a qualsiasi altro sistema di convenzioni. Ecco qui un altro modo di considerarlo. La scienza è insolita nel suo essere  cumulativa. È un sistema che si costruisce nel tempo, nel quale vengono trattenute le informazioni utili, e scartate invece le idee che semplicemente non stanno in piedi, ed è basato sulla conferma delle conoscenze acquisite per mezzo di esperimenti. La scienza, come la tecnologia, è intrinsecamente progressiva e per definizione rappresenta il modello che può essere dimostrato funzionare meglio. Se qualcosa funziona, diventa scienza. Se si dimostra in modo attendibile che una parte della medicina alternativa funziona, allora cessa di essere alternativa. Diventa semplicemente medicina. È fondamentale capire tutto questo dal momento che viviamo in un periodo in cui aspetti fuorvianti del pensiero relativista sono presenti ancora attorno a noi e storie allarmanti, prive di fondamento scientifico, di frequente vengono riportate dai media. Gli scienziati sono dipinti come tirapiedi di grandi e malvagie aziende. E visto che il pensiero scientifico viene sommerso con troppa facilità dalle ondate del sentimento comune mosso da una cattiva informazione, spesso ci dimentichiamo l'importanza dei fatti basati su prove concrete (vaccini che fanno diventare autistici, vaccini che fanno ammalare, epidemie nascoste dai governi… chi più ne ha più ne metta).

Un po' di pazienza e arriveremo dunque. È questa incomprensione e mancanza di fascino della scienza a tormentarmi. L’illuminismo portò con sé l'ottimismo nei confronti della scienza cosa che ora è stata sostituita da una certa dose di paura. Ora siamo preoccupati del fatto che la scienza si stia insinuando in ambiti che non le competono, e ascoltiamo scienziati e leader religiosi discutere in televisione su cui controversi sviluppi del progresso. Benché più felici e sani che in passato, non abbiamo più lo spirito per le sperimentazioni e la curiosità. La diffusione del principio preventivo, usato dai verdi e predominante nella stampa, è un chiaro esempio di questa preoccupazione. È un'argomentazione utile per evitare che vengano messi in atto nuove politiche che gli ambientalisti sento non potrebbero essere dannose per l'ambiente molto spesso viene usata contro la questione controversa dell'agricoltura OGM. Il principio, malgrado sia difficile da afferrare, fondamentalmente afferma che se c'è anche solo un minimo rischi di pericolo nella implementazione di una nuova politica, allora quella politica dovrebbe essere stralciata. Meglio prevenire che curare. Sebbene questo tendenzialmente sia un ragionamento sensato dimentichiamo che tutto ciò che accade presenta sempre un certo margine di rischio. 

Questa è la domanda posta al direttore di Greenpeace nelle 1999 da una commissione scelta della house of Lords, in riferimento alle culture odierne:

domanda: la sua opposizione alle culture ogm, assoluta e definitiva, non potrà essere modificata in base ai risultati di nuove ricerche scientifiche?

Risposta: la mia è un'opposizione permanente e definitiva!

Una tale logica è priva della curiosità vitale per il progresso scientifico. Spesso può essere molto pericolosa.

 

Rachel Carson nel 1962 scrisse il famoso “primavera silenziosa”, dove espose i pericoli per l'ambiente dovuti all'uso del D.D.T. Affermava che fosse la causa del cancro al fegato e offriva prove aneddotiche di altri danni alla salute. Seguirono negli anni successivi un indottrinamento informale sui mali provocati dall'uso dei pesticidi. Naturalmente, il D.D.T. era il grande maligno per eccellenza, a confronto del quale tutti gli altri pesticidi nocivi erano quasi innocui. Fui sorpreso nel venire a conoscenza del fatto che non siano mai stati ripetuti dei test per dimostrare che il D.D.T. danneggiasse la salute degli esseri umani. Tuttavia, il D.D.T. è un mezzo meravigliosamente efficace per prevenire la diffusione della malaria. Tra il 1940 al 1970, il D.D.T. evitò circa 50 milioni di morti a causa della febbre malarica. Nelle 1963, ci furono 17 casi di malaria in Sri Lanka. Nel 1968, dopo che il D.D.T. fu messo al bando, ne furono registrati più di 1 milione. Tutt'oggi ci sono circa 1 milione di decessi all'anno causati dalla malaria. Una reazione esagerata, precauzioni superficiali e scelte politiche insensate sono responsabili di questo ingente numero di decessi. Per dirla tutta, la messa al bando totale sarebbe stata una vittoria per la coscienza del mondo ricco, invocata senza alcun rispetto dei fatti e soprattutto a spesa delle vite dei poveri senza voce. La facile relazione tra gruppi antiscientifici e media è uno strumento potente per diffondere la preoccupazione. Nel 1998 si diffusero storie dal titolo sconvolgente riguardo al possibile legame tra il vaccino trivalente nello sviluppo dell'autismo. Il vaccino MMR è vitale per la prevenzione e epidemica di queste tre malattie, e la rosolia è la più grave delle tre. Sulla base di questi articoli di giornale un enorme numero di genitori rifiutò di permettere che ai loro bambini venisse inoculato il vaccino, perché non volevano correre il rischio. In effetti, la storia non era altro che l'ennesimo tentativo dei media di pascersi di strazianti racconti a sfondo scientifico, spinti a usare toni sensazionalistici dalla pressione di un gruppo avverso alla vaccinazione e al loro desiderio naturale di far aumentare la tiratura del giornale. La storia dell'orrore proviene da un unico pediatra che aveva visitato 12 bambini autistici con problemi intestinali e che ipotizzò che l'autismo di otto di loro potesse avere qualche connessione con il virus della rosolia presente nel vaccino MMR. In verità, quando il possibile collegamento con l'autismo fu in  seguito testato in tutto il mondo, su milioni di bambini, si rivelò del tutto infondato. Non c'era nessun collegamento, nessuna prova a sostegno dell'ipotesi sollevata da quell'unico pediatra, e fu anche evidenziato che il notevole aumento di casi di autismo avvenne prima dell'introduzione del vaccino. Il pediatra, che si scoprì essere stato messo sotto pressione da un gruppo desideroso di trovare collegamento tra il vaccino e l'autismo, è tuttora sotto inchiesta. Questa parte però non è una storia accattivante per i media, e quindi un largo numero di persone prese una decisione pericolosa e comprensibilmente cautelativa all'eccesso perché il seme della paura era stato piantato in modo irresponsabile dentro di loro. Le informazioni martellanti dei media non dicevano che i test pubblicizzati fossero su piccola scala, inconcludenti, preliminari e inficiati dalla mera supposizione, come i principali pediatri ed esperti di vaccinazioni infantili stanno ora cercando di chiarire nel tentativo di impedire ai media di sollevare ulteriori dubbi al riguardo. Ora siamo nella pericolosa situazione in cui tutti bambini sono a rischio a causa del conseguente calo di numero delle vaccinazioni ben al di sotto del livello di guardia necessario per proteggere largamente la popolazione. In una lettera aperta del 2006 in seguito a un massiccio aumento di decessi infantili a causa della rosolia, gli esperti dissero, a meno che questa tendenza non venga presto invertita, e ai bambini inoculato il vaccino, ci saranno nuovi focolari e nuove morti innocenti. Sono più che felice di ammettere che non progrediamo o miglioriamo necessariamente come genere umano di pari passo con i salti e balzi in avanti della scienza e del sapere. Questa idea deriva dall'umanesimo, attraversò l'illuminismo e può essere sbagliatissima. La nostra tendenza ad abusare e sfruttare le conoscenze che abbiamo per scopi malvagi naturalmente necessita di un sistema nel quale devono avvenire verifiche e controlli perché la tecnologia galoppa ben oltre la nostra moralità. Ovviamente dovremmo essere preoccupati. Tuttavia, con il prevalere del sensazionalismo mediatico e della coscienza del mondo ricco, molti dei lapalissiani fatti ed esperimenti scientifici sono stati accolti con sfavore o semplicemente ignorati. E un'area di retorica fortemente non scientifica consiste proprio nella fede nel soprannaturale e nella medicina alternativa, dove, lo ripeto, la persistente quanto esigua voce della ragione viene spesso vista come qualcosa di negativo o irrilevante. Visto il mio studio e i miei interessi, passati e presenti, mi hanno avvicinato a queste aree, vi daremo un'occhiata ora.

 

Se una persona ha ricevuto qualche rimedio omeopatico o alternativo per un problema e ora si sente meglio, così a una seduta con un guaritore psichico e dopo si sente soddisfatta, allora potremmo sostenere che va tutto bene e che non c'è ragione di ridimensionare l'azione della terapia. Dovremmo negare a queste persone il loro conforto? Personalmente, non ho alcun desiderio di privarle della felicità e della soddisfazione che derivano da simili interventi, a meno che la questione non mi condizioni in qualche modo o che la cosa non conduca ad un pericoloso fondamentalismo.

David Hume,  filosofo nel 18º secolo, giunse a una massima molto importante riguardo alle rivendicazioni metascientifiche: nessun testimone è sufficiente per stabilire un miracolo a meno che il testimone non sia di un genere tale per cui la sua stessa falsità sarebbe più miracolosa del fatto che si vuole stabilire. In altre parole, è più facile che sbagli la persona che fa un'affermazione straordinaria, o che l'affermazione straordinaria sia vera? Le due possibilità vanno ponderate. Affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie. Questo è fondamentale. Ciò che invece tende ad accadere è che affermazioni straordinarie portano a convinzioni straordinarie. Siamo inclini a pensare che la profondità della nostra esperienza personale e la cosa straordinaria in questione,  sia esso Dio o un cristallo curativo, è prova della veridicità dell’affermazione. Non lo è davvero; è solo la prova di quanto siamo pronti a credere a qualcosa senza bisogno di averne le prove. In questa comprensione c'è anche il fatto che se credi  in qualcosa di straordinario, non puoi insistere affinché siano gli altri a dimostrare che tu hai torto. Poniamo di nuovo al problema di dimostrare qualcosa di negativo. Supponiamo, per esempio, che un uomo adulto sostenga l'esistenza di babbo Natale. Non spetta agli altri dimostrare che non è così, e stabilire che esiste o meno. Farebbe meglio ad avere prove straordinarie a supporto della sua straordinaria affermazione. Mettendola in altri termini, ciò che può essere affermato senza alcuna prova, può anche essere smentito senza bisogno di prove.

 

 E ci sarebbe ancora da parlare del pregiudizio, e della sua conferma(tendiamo a fare domande che confermano le nostre ipotesi). Estremo fin troppo comune di questo tipo di pregiudizio è il ragionamento circolare. Si tratta della fallacità del vero credente. Il vero credente è imperturbabile davanti alla prova concreta perché semplicemente ignora tutto quello che non si sposa con il suo sistema di convinzioni. Al contrario, nota ogni elemento affine a favore delle sue convinzioni, e inevitabilmente finisce con sostenere queste convinzioni a un livello molto profondo. Possono diventare parte integrante della sua identità. È questo aspetto che accomuna il  sensitivo, il cinico e l'ottuso. È qualcosa che si riscontra molto di frequente.

Perché credi nella Bibbia? Perché è la parola di Dio.

E perché credi in Dio? Per via di ciò che sta scritto nella Bibbia.

Il fatto è che è difficilissimo, e devi essere fortemente coraggioso, per superare la circolarità delle ideologie. Ma il solo fatto che la nostra identità è legata a doppio filo con ciò cui crediamo, non rende in nessun modo quella convinzione corretta.

Su Internet si trovano centinaia di aneddoti al riguardo:

 

una persona che mette in cristalli nei vasi delle piante per farle crescere meglio; chiunque dica con facilità questo genere di cose in pubblico deve essere pronto a venire deriso al di fuori della cerchia dei veri credenti. Non sarebbe stato frutto di semplice curiosità posizionare un paio di vasi con la stessa pianta vicino alle altre, alla stessa finestra, innaffiarle contemporaneamente, mettendo però in cristalli solo in una; e se vi fosse una grossa differenza allora magari ripetere l'esperimento qualche altra volta per vedere se si ottiene lo stesso risultato? Ma naturalmente di solito non succede. Nessun membro della comunità metascientifica vuole verificare le cose. Per fortuna gli scienziati non chiudono gli occhi davanti a queste cose, loro vogliono verificare pienamente se funzionano, così elaborano test per dimostrare se la teoria che c'è dietro è ciò che rende possibile il trucco. Fanno le prove su un ampio numero di persone, in modo da eliminare qualsiasi pregiudizio. Forse non a sorpresa i risultati che emergono mostrano che non sono mai gli elementi mistici (oli, cristalli, energia di guarigione) a rendere possibile il trucco. Tuttavia, per infarcire i racconti, i giornali, le esperienze delle persone, gli elementi mistici sono molto più suggestivi e attraenti del dato reale. Prove concrete che i fatti reali sono tralasciati come  irrilevanti quando si tratta di olismo. La scienza, viene messa da parte in quanto occidentale e irrilevante, eppure viene chiamata in causa quando può essere estrapolata dal contesto per avvalorare qualche rivendicazione. Usare un linguaggio scientifico non attribuisce alla cosa in questione il valore di dato scientifico. È una disgrazia essere malati, e accettiamo felicemente assurde offerte di rimedi di cui in altri casi rideremmo. Ormai uno non può camminare per strada e starnutire senza che un centinaio di polsi frughino  nelle tasche dei cappotti e delle borse per pescare qualche perla di echinacea o erbe simili ( a proposito, il popolare rimedio per il raffreddore, l’echinacea, è stato sottoposto al test indipendenti per vedere se avesse qualche effetto superiore  a quelli di un placebo. Non ne ha). Probabilmente è perché noi viviamo in un mondo dove tutto è comodo, che tendiamo ad immaginare che qualcosa è andato male se siamo occasionalmente ammalati. Il linguaggio delle medicine alternative fa corrispondere benessere con tutto ciò che è naturale e buono, come se il nostro stato normale fosse uno stato di buona salute. Naturalmente, ciò non è realmente vero. La natura non è quel posto idilliaco  e mite ritratto nelle confezioni dei bagni schiuma. La natura è un posto feroce e di cieca crudeltà anche se è capace di offrire spettacoli di rara bellezza. E la nostra salute viene e va. Quando un dottore ci guarisce, non ci sta riportando al nostro stato naturale, sta semplicemente rendendo la nostra vita comoda per un attimo.

 

Il continuo se vi va domani…..