Crisi economica globale, guerre, smarrimento, perdita di valori... in una parola caos! Non fa per me, a me piace l'ordine, la simmetria delle cose; ma soprattutto mi piace la verità, o almeno è quello che cerco.

lunedì 21 gennaio 2013

Il Cervello: come farlo funzionare al meglio? -parte 2.


Ed eccoci alla seconda puntata della serie di articoli dedicati al nostro organo più importante.

Nel primo articolo, vi ho parlato delle differenze neuroanatomiche di genere, e le conseguenze  che queste implicano nella vita quotidiana (link all'articolo).


La regola numero due è:

L'ATTIVITA' FISICA POTENZIA IL CERVELLO.

<<Da 10 a 20 chilometri al giorno per gli uomini, e circa la metà delle donne>>.
Questo è quanto affermano i più importanti antropologi, basandosi su fondate stime scientifiche. Ciò significa che il nostro cervello si è sviluppato e si è evoluto non mentre stavamo fermi, oziando, bensì mentre facevamo esercizio fisico.
Quando le foreste pluviali hanno iniziato a ridursi, facendo calare drasticamente le risorse alimentari locali, i nostri antenati sono stati costretti a vagabondare in un paesaggio sempre più arido, in cerca di alberi su cui sgattaiolare e cercare la cena. Col peggiorare delle condizioni climatiche, molti degli alberi scomparvero. Anziché spostarci in alto e in basso tra i rami, in un mondo a tre dimensioni, abbiamo iniziato a muoverci avanti e indietro attraverso aride savane a due dimensioni. Cosa che richiedeva molta resistenza.
Il primo vero pioniere fu l'Homo erectus, circa due milioni di anni fa. 
I nostri diretti antenati, gli Homo sapiens, hanno fatto la stessa cosa, partendo dall'Africa 100.000 anni fa, e raggiungendo l'Argentina circa 12.000 anni fa.
Si tratta di un impresa notevole,  considerando il mondo in cui vivevano i nostri antenati. Attraversavano fiumi e deserti, giungle e catene montuose, senza una cartina e per lo più senza utensili. Costruirono anche imbarcazioni per attraversare i mari senza l'ausilio della ruota e della metallurgia, e poi percorsero il Pacifico da nord a sud e da sud a nord con le più rudi competenze nautiche.

Sul cammino trovavano nuove fonti di cibo, nuovi predatori, nuove sfide da affrontare.
Subivamo le peggiori malattie, molti morivano, e allo stesso tempo partorivano e allevavano figlio senza nessuna conoscenza medica.
Tutto questo ci dice solo una cosa: o si cresceva al top della forma fisica, o non si cresceva affatto. E ci dicono anche che il cervello umano è diventato il più dotato in condizioni in cui il movimento era una costante.

Se le nostre competenze cognitive si sono forgiate nella fornace dell'attività fisica, non è plausibile che questa le influenzi ancora? Le capacità cognitive di una persona in forma sono diverse da quelle di una persona in cattive condizioni fisiche? E se una persona in cattive condizioni fisiche venisse fatto ritornare in forma?
Sono tutte domande scientificamente verificabili.

Sono stati scoperti gli effetti benefici dell'esercizio fisico studiando e osservando le popolazioni che invecchiano.
Alcuni individui invecchiano in modo energico e brillante, conducendo una vita brillante e produttiva fino agli ottant'anni e anche oltre; d'altra parte ci sono individui che sembrano duramente attaccati dal processo di invecchiamento, spezzati, e spesso non superano i settant'anni. 
Quali differenze ci sono nel processo di invecchiamento negli individui nell'uno e nell'altro gruppo?

-esiste un fattore che lascia prevedere se si invecchierà bene o male?
Secondo numerosi studi,  uno dei principali preconizzatori di un buon invecchiamento si è rivelato essere la presenza o l'assenza di uno stile di vita sedentario. 
La motivazione principale di questa affermazione deriva dal fatto che l'esercizio fisico migliora  le capacità cardiovascolari, che a sua volta riduce il rischio di malattie come attacchi cardiaci o ictus cerebrali. Dalle ricerche è emerso però un altro dato rilevante: le persone che invecchiano con successo sono anche più vigili mentalmente. 

-queste persone erano veramente più lucide?
Su queste persone vennero eseguiti i più numerosi test della mente. Indipendentemente dal tipo di misura utilizzato, la risposta era sempre positiva: una vita all'insegna dell'attività fisica   può significare un incremento delle capacità cognitive, rispetto a quanto si riscontra nei soggetti sedentari.
I soggetti attivi superano i sedentari in test sulla memoria a lungo termine, ragionamento, attenzione, problem solving, ecc.
La memoria a breve termine invece non era influenzata dall'attività fisica o meno, come anche alcuni tempi di reazione. 
Inoltre, se è vero che la maggior parte delle persone mostrano un incremento di qualche tipo,  il suo grado varia di molto da individuo a individuo.
Questi dati mostrano solo una correlazione, non una relazione causa-effetto.
Per evidenziare il legame diretto, occorre fare una serie di esperimenti più approfonditi:

-cambiare stile di vita cambia anche il tipo di invecchiamento?
Gli scienziati presero un gruppo di anziani, sedentari, e fecero compiere loro esercizio fisico per un certo periodo di tempo, finito il quale ne misurarono di nuovo le capacità cognitive: rilevarono in maniera uniforme che, dopo aver praticato un programma di esercizi aerobici, nei soggetti sedentari iniziavano a risvegliarsi tutti i tipi di attività mentali. Si presentarono risultati positivi già dopo soli 4 mesi.
Gli stessi risultati si sono avuti in bambini in età scolare: si è chiesto ad alcuni ragazzini di fare 30 minuti di jogging due o tre volte alla settimana: dopo 12 settimane, le loro capacità cognitive erano migliorate in modo considerevole.
Quando il programma venne interrotto, i punteggi tornarono ad essere quelli di prima dell’esperimento.
Man mano che uscivano fuori risultati incoraggianti, i ricercatori cominciarono ad affinare le loro domande:

-che tipo di esercizio fisico si deve fare, e per quanto tempo?
Ci sono delle buone, e delle cattive notizie.
La risposta alla domanda <<quanto?>> è: non molto.
E’ sufficiente camminare parecchie volte alla settimana perché il cervello ne tragga vantaggio. Sembra che il corpo chieda a gran voce di ritornare alle sue radici.  30 minuti di esercizio aerobico, due o tre volte alla settimana; se a questo si aggiunge una dieta  corroborante, i benefici cognitivi saranno ancora maggiori.
Naturalmente i risultati variano a livello individuale, e nessuno dovrebbe imbarcarsi in un programma di allenamento senza prima consultare un medico: troppo esercizio fisico e un’eccessiva stanchezza possono danneggiare le facoltà cognitive.

-l’esercizio fisico può curare i disordini cerebrali?
Dato il marcato effetto dell’esercizio fisico sulle capacità mentali, gli scienziati vollero indagare se potesse essere impiegato anche nel trattamento dei disordini cerebrali. Che cosa sarebbe successo in presenza di alterazioni come la demenza senile, o il più studiato cugino Morbo di Alzheimer? O di disordini affettivi come la depressione?
I ricercatori considerarono sia la prevenzione sia il trattamento.
Gli esperimenti furono svolti in tutto il mondo,  coinvolgendo migliaia di persone, spesso esaminate e tenute sotto osservazione per decenni.
I risultati sono chiari: se si svolge attività fisica da tempo libero, il rischio di demenza generale è dimezzato. L’esercizio aerobico sembra essere la chiave.
Nel caso di Alzheimer, i risultati sono ancora maggiori: in questi casi vi è stata una riduzione del 60% della probabilità di contrarre il morbo.
Quanto esercizio? Anche qui, con poco si ottiene molto. Sono sufficienti due volte alla settimana. Traducetelo in una passeggiata di venti minuti tutti i giorni, e potete ridurre del 57% il rischio di subire un ictus cerebrale,  una delle principali cause di disabilità mentale negli anziani.
E per quanto riguarda la depressione e gli altri disturbi affettivi? L’attività fisica ha effetti potenti nel decorso di questo tipo di malattie.   
 L’esercizio fisico regola la secrezione dei tre neurotrasmettitori  più comunemente associati al mantenimento della salute mentale: la serotonina, la dopamina, e la norepinefrina. Anche se non può sostituire il trattamento psichiatrico, l’attività fisica viene sempre più frequentemente utilizzata dagli psichiatri in associazione al trattamento classico. Addirittura, in alcuni esperimenti condotti su soggetti depressi e ansiosi, un rigoroso programma di esercizi fisici funse da sostituto di un trattamento farmacologico. Più a lungo il programma viene usato, maggiori sono i benefici. E’ soprattutto efficace nei casi gravi e nelle persone anziane.

-i vantaggi dell’attività fisica sono riservati solo agli anziani?                                                     La maggior parte dei dati che abbiamo raccolto riguardano popolazioni anziane. Se andiamo a valutare gli effetti dell’esercizio fisico in persone giovani, questi diventano meno chiari.  La principale ragione di ciò è che sono stati compiuti pochi studi. Solo recentemente ci si sta muovendo in questa direzione: uno studio molto convincente, ha coinvolto 10.000 dipendenti pubblici britannici di età compresa tra i 35 e i 55 anni, esaminandone le abitudini alla pratica fisica e disponendoli su una scala a tre livelli, basso, medio, alto. Le persone con un basso livello di attività fisica avevano mediamente prestazioni cognitive più scarse. Studi simili condotti in altri paesi hanno riportato gli stessi risultati.
Mancano studi sulle fasce meno giovani, ma i pochi dati disponibili puntano tutti nella stessa direzione che ormai ci è familiare.

L'attività fisica migliora la circolazione terminale: l'attività fisica stimola i vasi a produrre ossido nitrico, che regola il flusso sanguigno. Se il flusso aumenta, il corpo crea nuovi vasi sanguigni, che penetrano sempre di più in profondità nei tessuti. Più si fa esercizio fisico, più i tessuti si possono nutrire e più sostanze tossiche possono essere smaltite (i famigerati radicali liberi); e ciò avviene in tutto il corpo, cervello compreso.

Di recente è stato chiarito un altro effetto dell'esercizio fisico sul cervello: la pratica di attività fisica stimola la produzione di uno dei più potenti fattori di crescita cerebrali, il BDNF ( sigla che sta per brain derived neurotrophi factor, "fattore neurotrofico di derivazione cerebrale"), che aiuta nello sviluppo di tessuto sano.
Questa proteina mantiene giovani i neuroni e in salute i neuroni già esistenti, rendendoli molto più volenterosi di legarsi gli uni con gli altri, e in più stimola la neurogenesi, la formazione di nuove cellule nervose.
Maggiore è l'attività fisica, maggiore è la quantità di "fertilizzante" che si produce; per lo meno è quello che succede nei laboratori animali.
Attualmente vi sono indicazioni secondo cui lo stesso meccanismo ha luogo anceh negli esseri umani.

Cosa fare dunque? 
Non c'è dubbio che sia in atto nel mondo un'epidemia di obesità. I benefici dell'attività fisica sembrano pressoché infiniti, dato che il suo impatto è sistemico, dato che interessa la maggior parte dei sistemi fisiologici. L'esercizio rinforza muscoli e ossa, migliora la forza e l'equilibrio. Aiuta a regolare l'appetito, modifica il profilo lipidico del sangue e riduce il rischio di almeno dieci tipi diversi di cancro; rinforza il sistema immunitario e contrasta gli effetti tossici dello stress. Poiché migliora il sistema cardiocircolatorio, riduce il rischio di malattie cardiovascolari, ictus cerebrale e diabete. Se uniamo tutto questo ai benefici intellettivi che l'esercizio produce, abbiamo a portata di mano una bacchetta magica per migliorare la salute umana così come è concepita dalla moderna medicina.






Per cui, signori, spegnete il pc, infilatevi tuta e scarpe da ginnastica, prendete il guinzaglio del vostro cane  e andate a farvi una sana mezz'ora di passeggiata.

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